Il Fintech non ha più scuse
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Finora si è trattato di un settore che è apparso all’orizzonte dal nulla e quindi si è strutturato con grande rapidità. Ma il 2017 per questo mondo segna un punto di svolta fondamentale: se fino a ieri è stata l’industry finanziaria tradizionale ad adeguarsi (o morire) ai nuovi ritmi e alla nuova mentalità portata da questa galassia di newcomer, ora è il Fintech stesso a essere entrato «nell’epoca della maturità» e quindi a dover dimostrare di essere, oltre che innovativo, anche capace di «adattarsi a una politica industriale di medio-lungo periodo».
Sono queste le premesse del lungo approfondimento pubblicato da McKinsey, che proietta una previsione sull’andamento delle aziende Fintech per il 2017. «Via via che questo settore progressivamente va evolvendo», scrive McKinsey, «si troverà a giocare un ruolo che va al di là dei servizi e prodotti finanziari. Le singole aziende cominceranno a misurarsi tra loro per diventare leader per dimensione ed estensione di mercato e si svilupperanno quegli “ecosistemi tecnologici” che riescono a conquistare in maniera più stabile la fedeltà dei clienti». Nel frattempo, sta rapidamente cambiando anche lo scenario delle norme e delle regole, che dopo una sorta di vivace far west iniziale porterà a una normalizzazione dell’innovazione. Quindi le aziende del Fintech dovranno fare i conti anche con questo tema. Un anno chiave il 2017, dunque, durante il quale queste aziende non potranno ignorare le «7 criticità dovute a uno scenario in rapido cambiamento» individuate dagli esperti di McKinsey. Eccole una per una.
Se fino ad oggi le Fintech si sono concentrate su una piccola fetta di servizi e prodotti finanziari – app per pagamenti, lending e money transfer – ora il raggio d’azione si è allargato potenzialmente a 30 tipi di attività. In generale, il core business del Fintech passerà dai servizi direttamente offerti ai clienti, a servizi sviluppati per l’intera value chain dei servizi finanziari: wealth management, servizi a piccole e medie imprese, corporate e investment banking, assicurazioni.
Non più solo un business model (una buona idea legata a un servizio destinato alla clientela finale, il finanziamento di un venture capital, lo sviluppo e lo sbarco su mercato), ma il 2017 vedrà la costruzione di diversi modelli di business a seconda dell’area geografica, del segmento di mercato di riferimento, delle tecnologie disponibili e impiegate. Per esempio, Alibaba è nato come piattaforma e-commerce, ma ora macina il grosso del suo business con le tecnologie per sistemi di pagamento e offrendo servizi finanziari. È un altro modo, nuovo e potente, di lanciarsi nel mercato del Fintech. Esplorare nuovi business model amplia la gamma dei rischi, ma apre anche nuove opportunità.
Partnership e collaborazioni diventano cruciali in una fase in cui da una parte le start-up Fintech vogliono fare economie di scala e allargare i propri mercati, e dall’altra le aziende finanziarie tradizionali si trovano a dover implementare i propri aspetti tecnologici. Solo un’alleanza tra chi presidia i mercati (le aziende tradizionali) e chi possiede la tecnologia (le Fintech) può garantire il successo a costi contenuti. “Ognuno per sé” richiederebbe, a entrambe le parti, investimenti eccessivi.
Il consolidamento delle aziende Fintech va a complemento delle collaborazioni. Dopo un avvio in ordine sparso, saranno sempre più numerose, a partire da quest’anno, le operazioni di acquisizione di Fintech specializzate in determinati settori da parte di Fintech più grandi e “generaliste”, che hanno necessità di espandere il proprio orizzonte di attività in tempo estremamente breve. E quindi anziché sviluppare al proprio interno nuove branch trovano più economico fare “shopping” di specializzazioni.
Dopo un periodo di listini alle stelle e ipervalutazioni, si va verso una normalizzazione dei valori anche per le start-up Fintech. Via via che il mercato matura, gli investitori diventano più cauti nello scommettere su “buone promesse” e cominciano a essere molto attenti ai track record che le aziende possono mettere in campo. Esaminando l’andamento del valore di 44 start-up Fintech con più di 1 milione di dollari di capitalizzazione, McKinsey ha osservato che tra il 2014 e il 2015 la valutazione media delle compagnie ha registrato un +77%, mentre nel 2015-2016 la crescita è stata di un più assennato +9%.
In molti mercati, gli enti regolatori stanno sviluppando normative che incoraggiano lo sviluppo e la crescita di start-up Fintech. Dall’altra parte, però, si affacciano anche norme e regole per limitare e bilanciare eventuali rischi per investitori e consumatori derivanti da start-up che propongono prodotti e servizi finanziari a volte senza quelle garanzie e tutele doverose in questo settore.
Via via che l’offerta digitale diviene sempre più matura e interconnessa, anche tra diversi settori e ambiti di mercato, anche le Fintech rischiano di rimanere “sommerse” da questa marea e trovarsi nella condizione di essere solo un piccolo ingranaggio di un network digitale molto più ampio. Per questo, la necessità per le start-up Fintech è quella di mantenere stretto il focus e l’attenzione sui bisogni dei propri clienti. Per questo, un fattore determinante è la capacità di possedere e utilizzare in maniera efficace l’infinità quantità di dati sui clienti che l’ecosistema digitale produce e rende disponibili.
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