Legambiente ha da poco reso noto il rapporto “Comunità rinnovabili 2020”, nel quale si fa il punto di tutte le realtà italiane che, negli anni, hanno implementato sistemi di approvigionamento dell’energia da fonti rinnovabili. Secondo l’associazione ambientalista, in un decennio si è passati da poche centinaia di impianti rinnovabili (tra elettrici e termici) a oltre un milione di impianti in 7.911 Comuni.
Oggi esistono addirittura 41 Comuni al 100% rinnovabili, in grado di soddisfare i fabbisogni sia elettrici che termici delle famiglie. Ma si va verso un’ulteriore espansione, anche grazie all’approvazione della Direttiva europea 2018/2001, che dovrà essere recepita entro giugno 2021. Questa stabilisce i diritti dei cosiddetti prosumer (i produttori-consumatori) e abbatte le barriere che, fino ad oggi, hanno impedito lo scambio di energie rinnovabili all’interno di una stessa realtà (un distretto industriale, un territorio agricolo, o persino un condominio).
Nonostante i progressi fatti in questi anni, Legambiente denuncia che le installazioni di fonti rinnovabili in Italia crescono troppo lentamente e, di questo passo, rischiamo di non raggiungere gli obiettivi 2030 fissati con l’Accordo di Parigi. Per poterli raggiungere, sarebbero necessario realizzare ogni anno un numero di installazioni in grado di produrre oltre 5 mila MW di energia rinnovabile, mentre i sistemi installati nel 2019 non arrivano a produrre 2 mila MW.
La regione che più contribuisce alla crescita delle fonti rinnovabili in Italia è la Lombardia, dove le installazioni sono in grado di produrre oltre 8 mila MW di energia rinnovabile (di cui 5 mila MW di energia idroelettrica, circa 2.300 MW dal fotovoltaico e circa mille MW di bioenergie). Segue la Puglia, con i suoi oltre 5.000 MW di energia rinnovabile prodotta dalle apposite installazioni, e poi il Piemonte (con circa 4.8 MW). Sia in Sicilia che in Veneto, invece, le installazioni sono in grado di produrre circa 3.500 MW. In particolare, nella nostra Isola, circa 300 MW di energia rinnovabile proviene da impianti idroelettrici, 1.700 MW da impianti eolici, circa 1.300 MW da impianti fotovoltaici e circa 200 MW da bioenergie.
La distribuzione di tali impianti all’interno dell’Isola è variegata, con zone che presentano, per esempio, una maggiore diffusione del solare termico, come le province di Ragusa, Trapani, Caltanissetta e Agrigento; altre zone, come Ragusa, presentano una maggiore diffusione del fotovoltaico. Il grande eolico e il mini eolico hanno una presenza più consistente nei Comuni del trapanese, del catanese e dell’agrigentino; mentre il grande e il mini idroelettrico nell’Isola sono quasi assenti, così come gli impianti di biogas e quelli bioliquidi. Primeggia, poi, il territorio di Catania per le biomasse solide termiche, mentre gli impianti geotermici sono presenti soprattutto a Trapani, Agrigento e Ragusa.
Il rapporto di Legambiente cita anche alcuni progetti virtuosi che hanno sede proprio nell’Isola, come il Blockchain per le Rinnovabili (BloRin), finanziato dalla Regione siciliana. Si tratta di un progetto di ricerca che verrà sviluppato tra le isole di Favignana e Lampedusa, con il fine di diffondere l’uso delle energie rinnovabili, creare un sistema di distribuzione energetico virtuoso in piccole comunità e favorire lo scambio tra i produttori e i consumatori di energia attraverso un’apposita piattaforma.
Un altro caso citato da Legambiente è quello dell’azienda agricola Val Paradiso, con sede a Naro, in provincia di Agrigento, dove tutte le strutture aziendali sono alimentate al 100% con energia rinnovabile, grazie all’uso combinato di un impianto mini-eolico da 11 kW, uno fotovoltaico da 52 kW e uno termico a biomasse. La produzione elettrica totale annua è di 100.000 kWh, pari a 44,65 tonnellate di CO2 non emesse, per un risparmio di 18,7 tonnellate equivalenti di petrolio. Il consumo annuo è stimato intorno ai 70.000 kWh, pertanto l’azienda va oltre il regime di autosufficienza.
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