Gli americani che voteranno Trump lo faranno perché mantenga la sua promessa di “rendere nuovamente grande l’America”
Fatca: le banche italiane si adeguano all’Agenzia delle entrate americana cambio euro dollaro

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Nota Mark Burgess, cio Emea e responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments. In tutto il mondo, è nato un acceso dibattito e un forte timore riguardo alle idee e alle dichiarazioni che il candidato ha espresso durante la campagna elettorale. Al di là di queste perplessità, gli investitori sono particolarmente interessati alle sue proposte di cambiamento in materia di politica economica e agli effetti che queste potrebbero avere sui mercati finanziari. L’eventuale presidenza di Trump determina infatti un’incertezza significativamente maggiore rispetto a quella di Hillary Clinton, dato che quest’ultima sostiene molte politiche dell’amministrazione uscente.

Storicamente, i repubblicani hanno avuto posizioni ben viste dal mercato azionario essendo sostenitori di politiche favorevoli alla crescita, alla difesa nazionale e alle grandi società farmaceutiche, avverse agli eccessi di regolamentazione e propugnatrici del pareggio di bilancio, sottolinea Burgess. Come già accennato, Trump ha espresso idee leggermente diverse con le sue proposte di riforma fiscale e di contrasto al libero scambio e all’immigrazione nonché con la volontà di abolire l’ACA. Da un certo punto di vista, ciò potrebbe rappresentare un beneficio per l’imprenditoria e l’economia nazionale nel loro complesso. Come si suol dire, però, “nulla è più incerto di una cosa certa” ed è probabile che l’imprevedibilità di Trump porti incertezza sui mercati. Abbiamo già menzionato il fatto che le sue idee su molti temi sono poco chiare e il carattere volubile e istintivo del candidato presidente prefigura già un percorso accidentato in Borsa. Ma potrebbe accadere esattamente il contrario e, in questi tempi d’incertezza globale, i mercati potrebbero divenire compiacenti, preferendo prima vedere cosa viene realizzato piuttosto che saltare a conclusioni affrettate.
In una fase iniziale, la vittoria di Trump imprimerebbe probabilmente uno slancio al dollaro USA, determinando un contesto di avversione al rischio che incoraggia l’acquisto del biglietto verde. Questo impulso rialzista sul dollaro si avrebbe anche per effetto del protezionismo, che riduce la produzione potenziale e provoca un aumento dell’inflazione, favorendo un atteggiamento più aggressivo della Fed rispetto allo scenario di base, a parità di crescita. Inoltre, una popolazione ormai prossima al pieno impiego e l’ingente spesa pubblica legata alla costruzione di infrastrutture farebbero a loro volta crescere i salari e l’inflazione. Per contro, se si verifica un’implosione della crescita in altri comparti dell’economia, potremmo assistere a un forte spostamento dell’occupazione verso il settore dell’edilizia. A suscitare notevoli preoccupazioni saranno i commenti di Trump sulla reintroduzione del sistema aureo, nel caso dimostrino di avere un qualche fondamento. A quanto pare, egli avrebbe affermato: “Reintrodurre il sistema aureo sarebbe molto difficile, ma sarebbe magnifico. Avremmo uno standard sul quale basare la nostra moneta”. C’è solo da sperare che si sia trattato di una battuta. Possibile che Trump non abbia notato il contesto economico recessivo in cui il mondo si muove ormai da quasi un decennio? L’introduzione di un ipotetico sistema aureo che ancora il dollaro USA al prezzo dell’oro avrebbe i seguenti vantaggi: prevenire un eccessivo stampaggio di denaro da parte della Fed, mantenere bassa l’inflazione rallentando di conseguenza l’aumento dei prezzi al consumo, stabilizzare le quotazioni petrolifere e, naturalmente, consentire all’oro di mantenere un valore che è riconosciuto in tutto il mondo. Gran parte di questi benefici, però, sono inutili nell’attuale contesto economico. Probabilmente, se le banche centrali non avessero avuto la capacità di stampare moneta, la crisi finanziaria globale sarebbe stata ancora più grave. La ragione per cui l’economia statunitense sembra invertire la rotta è da attribuire in parte (se non del tutto) al quantitative easing. Inoltre, l’economia ha disperatamente bisogno di una maggiore inflazione, attualmente ai minimi record, e dunque l’idea di ridurla ulteriormente appare assurda, conclude Burgess.
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