Gli azionisti della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca davanti a una nuova realtà
Veneto Banca ridisegna la rete

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Infatti, per una somma di motivi, l’investimento nelle due popolari non quotate si sta rivelando un dispiacere. Le azioni all’inizio del mese hanno perso un quinto del loro valore, ma soprattutto non sono liquidabili. Dopo lunghi anni di crescita sia dell’investimento in conto capitale che dei dividendi distribuiti, il risveglio è particolarmente brusco.
Il clima rovente delle due assemblee, con aperte contestazioni ai board e gruppi di azionisti che si coalizzano per promuovere improbabili class-action , hanno solo evidenziato la fragilità della struttura cooperativa rispetto a istituzioni finanziarie che non possono perseguire i fini mutualistici dietro ai quali, troppo a lungo, si sono nascosti i signorotti del credito locale. Quel tempo è finito. E infatti la Popolare di Vicenza e Veneto Banca stanno lavorando a un futuro comune, una fusione che faccia nascere una realtà di maggiori dimensioni e centrata nel Veneto.
Ma quello che ancora non appare chiaro è che il grande vantaggio prospettico di questa operazione deriva dalla particolare situazione delle due: essendo popolari non quotate potrebbero realizzare una fusione carta contro carta, senza tirar fuori un euro. Sarebbe un primo passo verso la nuova normalità richiesta dal controllore europeo, la Bce. Un primo passo, firmato dai presidenti Gianni Zonin e Francesco Favotto ( foto ), non il passo definitivo. Perché basta considerare le dimensioni dell’operazione che si sta studiando tra Banco Popolare e Bpm per capire che la banca del Veneto, risultante dalla (ancora ipotetica) fusione tra Vicenza e Montebelluna, non potrebbe sopportare il confronto. Si renderebbe necessario un altro step , nel senso del consolidamento. Per non dire degli aspetti patrimoniali. È già emerso – e le parole di Samuele Sorato, amministratore delegato della Vicenza vanno finalmente nel segno della trasparenza dei fini e dei mezzi – che a Vicenza è già stata autorizzata un’operazione sul capitale per un ulteriore miliardo di euro. Basterà? Numeri alla mano, no. I soci, quelli di lunga data come i 26 mila nuovi della Vicenza, faranno bene a metabolizzarlo. Lo ha evidenziato un’azionista in assemblea: «più che alla fiducia, siamo chiamati a un’obbligata speranza».

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