Il contratto di finanziamento e di multiproprietà non possono risultare avvinti da un nesso teleologico
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Il tema del collegamento funzionale nelle operazioni di Time Sharing (c.d. multiproprietà) è sempre stato, come noto, segnato da un forte contrasto di idee sull’esatto inquadramento sistemato della problematica.

Sin dalle prime battute della vicenda, la giurisprudenza si è mossa nell’alveo del c.d. mutuo di scopo, senza tuttavia domandarsi se l’operazione di finanziamento, finalizzata all’acquisto di un certificato di associazione per il godimento di una proprietà turnaria, potesse essere identificata come mutuo di scopo volontario.

Nel corso degli anni, tuttavia, forte dell’esperienza maturata sul campo, la giurisprudenza ha dimostrato di saper cogliere la necessità di riesaminare la problematica da una diversa angolazione, fornendo una rilettura della quaestio iuris più aderente alle finalità dell’operazione di finanziamento.

Ed è così, che nel ridisegnare il perimetro dei limiti di configurabilità del collegamento funzionale tra il contratto di multiproprietà e quello di finanziamento impiegato nelle operazioni di credito al consumo, è stato affermato che, se le due fattispecie contrattuali condividono la peculiare caratterizzazione soggettiva, esse divergono nell’elemento causale distintivo della destinazione imposta, che è presente nel mutuo di scopo legale e non invece nel contratto di credito al consumo.

Ragion per cui, è da negare la possibilità di configurare l’esistenza di un collegamento negoziale, per il solo fatto che nel contratto di finanziamento risultino indicati gli estremi del bene e la finalità del finanziamento (l’elemento dell’indicazione in contratto degli estremi del bene e della finalizzazione del finanziamento all’acquisto di tale bene – di per sé solo – sia sufficiente ad integrare quella manifestazione di volontà oggettivata nel contenuto del contratto che, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, consente di ravvisare la fattispecie del collegamento negoziale con tutti i conseguenti effetti”: cfr. Trib. Torino, 15.04.2003 in Giurisprudenza Italiana, 2003, pag. 2335).

La sentenza in commento non è stata solo una delle prime, in ordine di tempo, a giungere a conclusioni diverse da quelle dei principali tribunali – ancora troppo ancorati all’idea di poter configurare un’ipotesi di mutuo di scopo volontario, anziché legale – ma è stata anche la prima a preconizzare quello che sarebbe accaduto.

Da li a poco avremmo, infatti, assistito ad un radicale mutamento, ad un significativo cambio di rotta capace di invertire gli equilibri del sistema che sino ad allora avevano governato le scelte dei tribunali verso l’unica soluzione possibile, ossia la configurabilità di un’ipotesi di mutuo di scopo legale ogni volta che l’operazione di credito al consumo risultava finalizzata all’acquisto di un prodotto/servizio.

Ed infatti, con una prima sentenza (Cass., 24.05.2003, n. 8253), la Suprema Corte, rilevata l’analogia teleologica e strutturale tra il contratto di leasing e la fattispecie negoziale in esame, ha affermato che: “in tema di contratto di mutuo finalizzato all’acquisto di un veicolo, è valida la clausola che, pur escludendo in modo palese il collegamento negoziale, faccia gravare sul mutuatario il rischio della mancata consegna del bene. In tal caso il contratto di mutuo rimane estraneo alle vicende che interessano quello di vendita e il mutuatario, che non riceva il vincolo dal venditore, non può opporre al mutuante l’eccezione di inadempimento per rifiutare di pagare le rate del mutuo”.

Non senza dimenticare, precisa inoltre la Suprema Corte, che ai fini della complessiva valutazione delle intenzioni delle parti, di mantenere il contratto di finanziamento indipendente da quello di vendita, “il problema da risolvere è se la volontà manifestata con la clausola deve essere rispettata o se su di essa prevalga il collegamento”.

Il medesimo principio, peraltro, ha trovato subito dopo conferma in una ulteriore pronuncia della Cassazione, intervenuta con riferimento ad un’operazione di prestito finalizzato (Cass. 08.07.2004 n. 12567).

Più in particolare, ha precisato la Suprema Corte: “per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l’autonomia privata, è necessario rifarsi alla volontà delle parti e ricercare, oltre i singoli schemi negoziali (ognuno perfetto in sè e produttivo dei suoi effetti e, pertanto, almeno in apparenza indipendente), se ricorra un collegamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l’adempimento di una funzione unica: se, cioè, al di là di quella singola funzione dei vari negozi, si possa individuare una funzione della fattispecie negoziale considerata nel suo complesso, per cui le vicende, o, addirittura, la disciplina di ciascuno di essi siano variamente legate all’esistenza ed alla sorte dell’altro. Il nesso tra più negozi fa sì che l’esistenza, la validità, l’efficacia, l’esecuzione di uno influisca sulla validità, sull’efficacia e sull’esecuzione dell’altro. Affinché ciò si verifichi, non è sufficiente un nesso occasionale“.

E ciò, in quanto “soltanto se la volontà di collegamento si è obiettivata nel contenuto dei diversi negozi, si può ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti, siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell’altro“.

Il ché, non può che portare ad una sola, ed inequivocabile conclusione: il collegamento deve “esprimersi in termini di causa del negozio e non di semplice motivo che abbia indotto il mutuatario a richiedere in prestito la somma“.

Ed è in questo esatto contesto che si inseriscono molte delle sentenza ottenute in casi analoghi, compresa la recentissima sentenza n. 55 del Tribunale di Sondrio, emessa il 29.01.2015 in favore di una società finanziarie, per il seguente ordine di motivi: “difetta il requisito soggettivo indicato in premessa, costituito dal riferito intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore. L’elemento soggettivo risulta, infatti, contraddetto dal chiaro tenore letterale del contratto di credito in parola. All’art. 3 delle condizioni generali del contratto di finanziamento (clausola rubricata: inopponibilità delle eccezioni)…. Dal dato contrattuale si desume, quindi, in maniera univoca la volontà delle parti di escludere qualsivoglia coordinamento teleologico tra il contratto di finanziamento con quello di compravendita, con conseguente indipendenza dei reciproci rapporti negoziali ed irrilevanza delle questioni afferenti eventuali patologie genetiche o sopravvenute del contratto di acquisto… La clausola de quo è chiaro indice della volontà delle parti, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., di esplicare il ruolo del tutto autonomo del soggetto che ha erogato il credito (Cfr. fra le altre Cass. 12567/2004 e Cass. 8253/2003)”.

Di conseguenza, possiamo giungere alla conclusione che, in presenza di una clausola di inopponibilità delle eccezioni, contratto di finanziamento e di multiproprietà non possono risultare avvinti da un nesso teleologico.

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