Imprenditore estero gestiva una scuola di vela in Italia con 20 istruttori in “nero”
Scoperta una Scuola di vela e Chartering, attiva nel comune dell’arcipelago toscano e riconducibile a un imprenditore estero da anni residente in Italia che non era in regola in materia fiscale.
guardia di finanza arresti

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Scoperta una Scuola di vela e Chartering, attiva nel comune dell’arcipelago toscano e riconducibile a un imprenditore estero da anni residente in Italia che non era in regola in materia fiscale.

I riscontri, effettuati dalle fiamme gialle, hanno evidenziato però che non tutte le prestazioni fornite venivano contabilizzate dalla scuola di vela, con una sottodichiarazione di profitti di oltre 150.000 €.

Queste prestazioni, considerate indebitamente come redditi dell’agenzia di viaggio estera, sono state così ricondotte dalla GdF alla società italiana, in quanto da quest’ultima di fatto svolte sul territorio isolano.

L’indagine fiscale, incentrata sulle annualità 2017 e 2018, ha anche permesso di individuare 20 lavoratori stranieri impiegati in maniera irregolare.

In particolare, la scuola di vela nell’assumerli come istruttori specializzati non ha istituito alcuna documentazione riguardante il distacco transnazionale, non instaurando alcun rapporto di lavoro né comprovando l’autenticità di tale distacco.

Comminate a carico della società elbana pertinenti sanzioni amministrative in materia di tutela del lavoro e segnalati alla Direzione Provinciale di Livorno dell’Agenzia delle entrate i 150.000 € di redditi “occultati”, per il recupero alla tassazione diretta, nonchè 60.000 € di IVA evasa.

Anche in tempo di pandemia, il sommerso d’azienda, il lavoro nero e irregolare compromettono gli equilibri economici e finanziari del Paese, con l’effetto di ridurre illegalmente i costi di “struttura” (fiscali, organizzativi o del lavoro), cui consegue la massimizzazione dei profitti e dei vantaggi di competitività sul mercato. Nel caso di specie, il distacco transnazionale e temporaneo di lavoratori stranieri in Italia ne dissimulava un impiego “in nero” sul territorio nazionale.

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