Imprese e famiglie potranno chiedere prestiti a tassi più bassi

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L’Italia e i suoi titoli di Stato (per adesso) non hanno più la febbre. Il termometro dello spread, il differenziale dei rendimenti tra i nostri Btp a dieci anni e i Bund tedeschi, è sceso a 283 punti, cioè sotto la fatidica soglia Monti (287 punti).

 

In estrema sintesi, ciò significa che gli investitori di casa nostra e soprattutto quelli esteri non considerano più l’Italia come un “appestato”, un Paese rischioso da cui tenersi ben lontani. Il minore rischio dell’Italia si è così tradotto in un drastico calo dei rendimenti dei nostri titoli di Stato, scesi dall’oltre 7% di un anno fa al 4,27% di oggi.

 

Il premier aveva più volte indicato nei 287 punti, un «livello particolarmente significativo», essendo la metà dei 574 punti base, la soglia pericolosamente negativa raggiunta nel novembre 2011 tra la fine del governo Berlusconi e l’inizio dell’esecutivo dei professori guidato da Monti.

 

Ma in concreto cosa significa il mini-spread? Il differenziale sotto i 300 punti e rendimenti bassi dei nostri Btp, poco sopra il 4%, sono un toccasana per le casse dello Stato, per le banche, le imprese e le famiglie che possono chiedere prestiti a tassi più vantaggiosi.

 

Per quanto riguarda il Tesoro, quest’anno si ritroverà a pagare molti miliardi in meno di interessi sul debito pubblico (che ha superato i 2 mila miliardi di euro) che sborsava un anno fa per finanziarsi sul mercato. Finanziare il debito pubblico costa in media agli italiani 75 miliardi di euro in interessi annuali, ovvero il 5% del Pil. Il fatto di potersi permettersi più liquidità in cassa, potrebbe consentire allo Stato e al nuovo governo, per esempio, di abbassare le tasse sia alle imprese (attraverso sgravi) sia ai cittadini. Solo per fare un esempio ridurre di 100 punti base il tasso di interesse che paghiamo sul debito, vale 20 miliardi di euro a regime.

 

Le imprese trarranno beneficio dal mini-spread perché potranno chiedere finanziamenti ed emettere obbligazioni a tassi più bassi e ciò permetterà alle nostre aziende di essere anche più competitive rispetto alle concorrenti tedeschi e francesi, finora avvantaggiate da prestiti a tassi più bassi. Lo stesso vale per le famiglie che potranno richiedere mutui per l’acquisto della casa o prestiti personali a condizioni meno onerose. Gli analisti stimano che i tassi sui mutui e i prestiti potrebbero attestarsi tra lo 0,8 e l’1% in meno rispetto a un anno fa, quando lo spread era a 574 punti.

 

Questa situazione gioverà anche alle banche, soprattutto quelle più grandi come Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mps, che hanno in portafoglio titoli di Stato per decine di miliardi di euro. Non a caso la Borsa di Milano già da qualche settimana è tornata a puntare con forza sui titoli dei colossi del credito. E ieri a correre sono state proprio Intesa Sanpaolo in rialzo del 5,77%, Unicredit (+3,89%) e Mps (+3,54%).

 

Con banche più solide, prestiti e mutui più facili per imprese e famiglie e uno Stato più libero dal fardello delle aste sui titoli di Stato e dall’ansia degli interessi sul debito, il mini-spread pone così delle solide premesse per la ripresa dell’economia italiana. Certo il nuovo governo – secondo le attese del mercato – dovrà mantenere la barra dritta sull’agenda Monti, senza smantellare riforme importanti come quella fatta sulle pensioni, il lavoro e la spending review. Ma manca ancora uno scatto in avanti da fare, secondo economisti e analisti, e cioè ridurre ancora gli sprechi nella pubblica amministrazione, ma soprattutto abbassare tasse a cittadini e imprese, in modo da far decollare senza più indugi la ripresa. E allora forse rivedremo lo spread tornare a 172 punti base, come era a giugno del 2011, poco prima che iniziasse quella terribile tempesta sui nostri titoli di Stato che portò l’Italia sull’orlo del baratro.

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