La Bce ha acquistato 47 miliardi di titoli pubblici
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E’ già tempo di bilanci per il Quantitative Easing di Mario Draghi. Fino al 31 marzo la Bce ha acquistato 47 miliardi di titoli pubblici, che salgono a 52,52 nella settimana al 3 aprile. Sono stati inoltre acquistati 4,88 miliardi di euro di Abs e covered bond e 5,2 miliardi di euro di tioli emessi da istituzioni sovranazionali.
Il programma «Qe» sui titoli di Stato prevede che gli acquisti devono essere realizzati in proporzione alle quote dei singoli paesi nella Bce. Non è quindi un caso se i titoli tedeschi sono stati quelli più acquistati (11,06 miliardi al 31 marzo), seguiti dai titoli francesi (8,7), italiani (7,6) e spagnoli (5,6).
Dal primo rapporto mensile del piano risulta inoltre come la vita media residua dei titoli italiani in portafoglio al 31 marzo è pari a 9,07 anni. Il programma ha una durata minima di 18 mesi. In questo lasso di tempo, la Banca centrale europea e Banca d’Italia acquisteranno complessivamente, circa 150 miliardi di carta italiana.
È?tempo anche di bilanci sugli effetti. Il primo obiettivo pare raggiunto: svalutare l’euro (-11% da inizio anno sul dollaro). Il secondo, invece, ovvero quello di far risalire l’inflazione, è ancora lontano. A marzo l’Eurozona si è confermata in deflazione (-0,1% su base annua) ma secondo gli analisti di UniCredit ad aprile ci potrebbe essere un nuovo peggioramento, allontanando così la Bce dall’intento di riportare l’inflazione nel range «inferiore ma vicina al 2%».
Il primo mese di «Qe» evidenzia anche però un paradosso. I tassi di alcuni titoli sono scesi talmente tanto che la Bce tecnicamente non può più acquistarli. Le regole del «Qe» stabilite dalla Bce prevedono infatti tre paletti: 1) vengono acquistati titoli sul mercato aperto con scadenze comprese fra 2 e 30 anni; 2) l’importo massimo mensile è di 45 miliardi; 3) non possono essere acquistati con un tasso inferiore a quello sui depositi stabilito dalla Bce.
Quanto a questo terzo punto, il tasso sui depositi stabilito dalla Bce è al momento fissato a -0,2 per cento. Una misura intrapresa per scoraggiare le banche a parcheggiare la liquidità in eccesso presso la Bce e spronarle a immettere denaro nell’economia reale. Ciò vuol dire che i bond governativi dell’Eurozona, quotati sul mercato secondario, con scadenza compresa fra 2 e 30 anni che abbiano un tasso ancor più basso di -0,2%, sono tecnicamente esclusi dalla possibilità di acquisti della Bce.
Ci sono titoli da 2 a 30 anni che quotano sotto la soglia di -0,2 per cento? Sì, e riguardano tre Paesi dei 19 che compongono l’Eurozona. In questo momento i bond a 2 anni della Germania “pagano” un rendimento pari a -0,267 per cento. Così come i titoli a 3 anni che offrono un rendimento pari a -0,233 per cento. Quindi, la Bce non può acquistare titoli tedeschi nell’esercizio della sua manovra di «Qe» per scadenze di 2 e 3 anni (va precisato che il debito pubblico tedesco viaggia sul mercato con tassi negativi su titoli con durate fino a 7 anni ma dai 4 anni in poi il rendimento è sopra la soglia di -0,2% e quindi rientra nella sfera di azione del «Qe»).
Oltre alla Germania, sono in questa situazione anche Finlandia e Olanda, ma solo sulla scadenza a due anni. I titoli biennali del governo di Helsinki prezzano un rendimento di -0,23%, quelli di pari durata olandesi di -0,213 per cento. Sommando quindi i titoli tedeschi che sono uscita dall’orbita del «Qe» (272 miliardi), Finlandia (10 miliardi) e Olanda (30 miliardi) vuol dire che ci sono oltre 300 miliardi di bond dell’Eurozona che non possono più essere acquistati dalla Bce, ovvero usciti al momento dall’orbita del «Qe» perché i tassi hanno superato al ribasso la soglia limite.
E poi c’è l’Austria è vicinissima, con un rendimento sui bond a 2 anni di -0,197%, a entrare nel club dei Paesi talmente privilegiati dal «Qe» e dal momento storico di tassi bassi, da essere paradossalmente esclusi in parte dalla coperta della Bce.

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