La Commissione Europea ha pubblicato la sua proposta di inserire il gas e l’energia nucleare nella tassonomia dell’UE
Nelle ultime settimane, la potenziale etichettatura verde del gas nella tassonomia dell'Unione Europea ha sollevato critiche da tutte le parti (investitori, accademici, economisti, Stati Membri, eurodeputati, la Banca Europea per gli investimenti, organizzazioni della società civile e movimenti giovanili) convinte che la decisione non sia in linea con le raccomandazioni su base scientifica.
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Nelle ultime settimane, la potenziale etichettatura verde del gas nella tassonomia dell’Unione Europea ha sollevato critiche da tutte le parti (investitori, accademici, economisti, Stati Membri, eurodeputati, la Banca Europea per gli investimenti, organizzazioni della società civile e movimenti giovanili) convinte che la decisione non sia in linea con le raccomandazioni su base scientifica.
La Platform of Sustainable Finance, uno dei principali organi consultivi della Commissione su questo fascicolo, ha ufficialmente avvertito che anche gli impianti a gas con le migliori prestazioni non possono essere etichettati come investimenti “verdi” o “transitori” a causa delle loro emissioni di gas serra.

Il gas passa con alcuni paletti tecnici discutibili

Per quanto riguarda l’introduzione del gas, ci sono alcuni paletti tecnici che vanno rispettati. La Commissione infatti introduce una soglia di emissioni di 270 grammi di CO2 per kilowattora (o una media annuale di 550 kg di CO2e per kilowattora) dell’energia prodotta dalla capacità della struttura in 20 anni. Ma queste soglie superano di gran lunga le raccomandazioni scientifiche del gruppo di esperti tecnici della Commissione. La proposta consentirebbe tecnicamente di considerare i nuovi impianti di gas convenzionali come investimenti sostenibili, vanificando lo scopo stesso della tassonomia di aiutare gli investitori a decidere cosa è verde o cosa è greenwashing.
Inoltre, il fatto che le emissioni consentite siano in media su 20 anni crea una scappatoia: un progetto che emette più di 550 kg di CO2e per kw all’anno può ancora essere conforme alla tassonomia se gli sviluppatori promettono di ridurre le emissioni nel tempo, ad esempio attraverso l’uso di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), che non sono ancora commercialmente valide.
L’annuncio coincide con la pubblicazione di un rapporto del think tank InfluenceMap, che rivela come le principali compagnie energetiche e le loro associazioni di settore stiano diffondendo messaggi progettati per “politicizzare” le politiche basate sulla scienza e assicurare un futuro per il gas fossile. Il documento sottolinea che questi sforzi di lobbying provengono da diversi giganti energetici europei, tra cui Equinor, TotalEnergies, Gazprom, Repsol, BP, Engie e Royal Dutch Shell.

«Etichettare il gas come “verde” è greenwashing. Il settore finanziario ha bisogno di chiarezza: questo debole compromesso sul gas mina tutte le ambizioni dell’UE per la tassonomia e porterà gli investitori a cercare criteri scientifici più affidabili» ha dichiarato Laurence Tubiana, CEO della European Climate Foundation.

I nuclearisti non sono soddisfatti

Gli stessi commissari hanno ricordato che le nuove centrali nucleari potranno essere solo di nuova generazione (mentre quelle più vecchie potranno contare su un surplus di attività solo se si convertono ai cicli di terza generazione). Questi paletti sono stati ritenuti insufficienti da diversi gruppi di esperti, tra cui il Gruppo sulla finanza sostenibile (Platform for Sustainable Finance), istituito dall’Unione europea per stilare la lista di attività green.
Nonostante ora il nucleare sia stato ammesso tra le energie “ecocompatibili”, non mancano le difficoltà ad attuare quanto previsto dall’atto delegato. I nuclearisti (soprattutto francesi) hanno sottolineato che sarà molto difficile rispettare le tempistiche dettate dal provvedimento, il quale prevede di apportare le modifiche richieste alle centrali esistenti entro il 2040 o concludere i nuovi progetti nucleari entro il 2045.
Inoltre, un ulteriore requisito previsto dall’atto delegato prevede che i nuovi progetti di centrali nucleari debbano utilizzare il cosiddetto “carburante resistente agli incidenti” o accident tolerant fuel. Per Foratom, l’associazione che riunisce le industrie dell’energia nucleare in Europa, tale requisito doveva entrare in vigore solo una volta che questi combustibili fossero disponibili sul mercato.

Ora il dibattito in Parlamento

La Commissione ora passa la palla a Parlamento e Consiglio europei. I due organi avranno quattro mesi di tempo (che possono essere estesi a sei) e, se lo ritengono necessario, potranno sollevare obiezioni. Per farlo, in Consiglio è necessaria una maggioranza “rafforzata” di Paesi contrari: almeno 20 Stati rappresentanti il 65 per cento della popolazione europea.
Ma la principale battaglia politica dovrebbe svolgersi al Parlamento Europeo, dove gli eurodeputati hanno già espresso di essersi sentiti emarginati dalla Commissione Europea. Il Parlamento potrà sollevare obiezioni se il testo riceverà un voto negativo dalla maggioranza dei suoi membri in seduta plenaria (ossia almeno 353 deputati).
Una volta terminato il periodo di controllo e se nessuno dei co-legislatori solleva obiezioni, l’atto delegato complementare entrerà in vigore e si applicherà a partire dal 1 gennaio 2023.

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