La tassa governativa sulle auto penalizza economicamente l’acquisto di almeno 15 modelli prodotti da Fiat Chrysler Automobiles in Italia

fcaE soprattutto pone a rischio i 5 miliardi di euro di investimenti pianificati da Fca, soldi che “non devono essere messi in discussione“. Non usa giri di parole il segretario nazionale dei metalmeccanici Cisl Ferdinando Uliano.

Le cifre sulla produzione auto del Gruppo sono scese sotto quota un milione: è la prima volta che si registra una flessione dopo cinque anni. Il piano di investimenti serve dannatamente se si vogliono rilanciare i marchi attraverso i nuovi modelli, tenere Fca in prima linea nell’automotive mondiale. Lo dicono i segnali che arrivano dal mercato: la produzione registra un calo del 6,8%, la produzione è stata pari a 964.533 vetture) la produzione dopo due anni in cui si era superata l’asticella.

Un 2019 molto difficile

Ferdinando Uliano mette a nudo la situazione: la cassa integrazione non sta interessando solo Cassino Plant con i modelli Premium. Sta coinvolgendo anche gli stabilimenti di produzione dei motori e cambi: Termoli, Pratola Serra e Cento. Realtà che erano state toccate già dal processo che sta interessando il cambiamento delle motorizzazioni.

La previsione per il 2019 è di una situazione ancora «di difficoltà sui volumi e sugli ammortizzatori sociali, per il semplice fatto che si sconta già dall’inizio dell’anno la mancanza delle produzioni di Punto e Mi.To che nei circa 7 mesi del 2018 hanno pesato per 37.912 unità, mentre le nuove produzioni seppur già deliberate negli investimenti inizieranno ad avere effetti positivi solo nel 2020».

Il rischio di un collasso

Il rischio è quello di un collasso. Il piano prevede il graduale passaggio ai motori elettrici ed ibridi durante il 2019 per lanciare i modelli plug-in sul mercato tra fine anno e inizio 2020.

Per Cassino Plant prevede restyling e ibridazione plug-in Giulia e Stelvio, la produzione del Maserati Duv un “suv medio” a combustione normale e ibrida; prolungamento del ciclo vitale di Giulietta a tutto il 2019.

Nel resto del gruppo: la Jeep Compass plug-in hybrid a Melfi che la realizzerà per tutta l’area Europa – Nord Africa; a Melfi nascerà anche Renegade ibrida; la Nuova 500 elettrica, ipertecnologica, full electric, 100% connessa digitalmente e aggiornabile, da produrre a Mirafiori, riportando in Italia l’attuale produzione fatta in Polonia; il Compact Suv Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco: è il mini Stelvio che si pensava potesse nascere a Cassino Plant. Aumento della produzione professional ad Atessa ed estensione dei progetti Gran Cabrio e GT.

Bloccare quel piano e quegli investimenti significa bloccare tutte le produzioni. Almeno in Italia. Facendo collassare il sistema.

“Per questo – dice Uliano – abbiamo giudicato un ‘crimine verso i lavoratori’ il provvedimento governativo che interviene aumentando la tassazione delle vetture prodotte”.

Spiega Uliano che “Anche la versione modificata determina comunque un aggravio di costo nell’acquisto che riguarderà più di 15 modelli di Fcaprodotti negli stabilimenti italiani e questo avrà degli effetti negativi sui volumi e sui lavoratori”.

Saranno i lavoratori a pagare: scatterà più cassa integrazione.

Ecotassa inspiegabile

Il segretario nazionale dei metalmeccanico Cisl giudica “industrialmente ed ecologicamente inspiegabile il provvedimento governativo, visto che il piano degli investimenti di Fca prevede l’equipaggiamento di motorizzazioni ibride ed elettriche su tutta la gamma di modelli nel periodo 2019-2021″.

Insomma: non è sbagliato il provvedimento del Governo. ma sono sbagliati i tempi di applicazione. Troppo presto. Così si penalizzano i modelli prodotti in Italia e si favoriscono quelli già presenti che arrivano dall’estero.

In più Uliano invita a tenere conto di un’altra grave difficoltà: le stringenti norme Europee sulle emissioni (per il 2025 -20% e per il 2030 -40%) già obbligano le case automobilistiche ad interventi radicali per evitare sanzioni miliardarie.

Nessuna conferma degli investimenti

Per la Fim-Cisl è indispensabile che il piano illustrato il 29 novembre 2018 venga confermato da Fca: sia nella parte che riguarda i modelli e sia per i 5 miliardi di investimenti. (leggi qui Fca, svelato il piano: Levantino e hybrid ma non subito) .

Ma la situazione è da allarme rosso. «Dopo l’approvazione della legge di stabilità non abbiamo avuto da Fca comunicazioni di revisione degli investimenti».

In pratica: Fca ha disdetto all’ultimo momento un incontro con la regione Piemonte spiegando che a causa del provvedimento messo a punto dal Governo tutto il suo piano era congelato. E da quel momento non si è fatta più sentire. Così come il premier Conte ha ignorato Fca, ora c’è il rischio che sia Fca ad ignorare il Governo mettendolo al corrente delle sue intenzioni a cose ormai fatte. Tenere tutti in cassa integrazione per un mese in più significa far saltare tutte le previsioni economiche del Governo: 1-1.

«Non vogliamo nemmeno considerare una ipotesi di questo tipo, è chiaro che se ciò avvenisse il Governo italiano sarà chiamato a rispondere di fronte ai lavoratori e la nostra reazione non si farà attendere, sarà forte e determinata anche con iniziative di protesta, perché non sarebbero mai accettati nè licenziamenti nè chiusure di stabilimenti», ribadisce Uliano.

L’andamento

Analizzando i dati, la Fim-Cisl rileva che «continuano a segnare una crescita anche rispetto al 2017, le produzioni di Fiat Professional nello stabilimento di Sevel in Val di Sangro (+1,7%) e di Melfi (+2,8%) con la produzione di Renegade e 500X, nonostante il fermo di produzione a luglio scorso della linea della Punto».

Mentre «in tutti gli altri stabilimenti il dato della produzione è in riduzione. In particolare nel corso del terzo trimestre 2018 si sono fermate le produzioni di Fiat Punto e Alfa Romeo MiTo, che in termini di volumi hanno certamente peggiorato ulteriormente la situazione».

La previsione errata

Nel 2018 le cose non sono andate cose si sperava. Soprattutto per l’occupazione. «Non è andato nella direzione auspicata dal passato piano industriale di Fca, cioè l’azzeramento dell’uso degli ammortizzatori sociali negli stabilimenti italiani. La scelta di rallentare il completamento del piano, rinviando alcuni investimenti nel corso del 2017, il ritardo nel lancio di nuovi prodotti, ha avuto un impatto negativo sull’obiettivo della piena occupazione».

La situazione – mette in chiaro Uliano – non è come quella che precedette il grande piano del 2014: all’epoca l’uso di ammortizzatori sociali coinvolgeva oltre il 27% dei 66.200 dipendenti di Fca. La Fim-Cils segnala comunque che «fino al 2017 gli ammortizzatori pesavano poco più del 8% della forza lavoro, nell’ultimo periodo abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza con un aumento dell’uso di contratti di solidarietà e della Cassa integrazione».

La stima è che abbia raggiunto una percentuale tra il 12-15% e che nel 2019 riscontreremo un ulteriore peggioramento trattandosi di un periodo di transizione in cui le nuove produzioni non impatteranno ancora sui volumi.

Maledetta Ecotassa

Il segretario nazionale di Fim Cisl evidenzia il fatto che insieme alle altre sigle sindacali si sia riusciti ad ottenere da Fiat Chrysler Automobiles un cronoprogramma e l’assicurazione che ci sarebbero stati anche altri modelli entro il 2022. Ma ora «Tutti questi elementi di garanzia, che con molta fatica siamo riusciti ad ottenere nell’incontro del 29 novembre, purtroppo sono stati messi in pericolo da una decisione governativa di tassare le auto a combustione in base alle emissioni di Co2».

Uliano ribadisce che ala decisione è stata presa senza nemmeno coinvolgere i rappresentati dei lavoratori. Il provvedimento, anche se corretto nella sua stesura finale (penalizzazione sopra i 160 g/Km) penalizza economicamente l’acquisto di almeno 15 modelli prodotti da Fca in Italia. Tocca buona parte delle produzioni a benzina di Cassino Plant.

«Ad una settimana dal provvedimento non abbiamo avuto comunicazioni da Fca. Nei prossimi giorni cercheremo di capire quali decisioni vengono prese. Per quanto ci riguarda gli investimenti devono essere confermati. Diversamente la situazione attuale dei volumi non vedrebbe in prospettiva una soluzione positiva, anzi assumerebbe la connotazione non più della piena occupazione ma dei licenziamenti“.

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