L’autorità bancaria europea ha alzato il velo sugli stress test in programma quest’anno
Deutsche Bank e Santander bocciate agli stress test

Ancora nessun commento

L’authority ha comunicato cioè i dettagli sulla metodologia e gli scenari (di base e avversi) che saranno utilizzati nell’esame europeo, i cui risultati saranno comunicati il 2 novembre 2018. La prova potrebbe risultare più “dura” delle precedenti.

In realtà è bene ricordare che gli stress test sono un esercizio poco considerato dal mercato, visto che in passato hanno superato l’esame istituti poi rivelatisi sotto capitalizzati (Deutsche Bank, uno dei casi più eclatanti, mentre nel 2016 Banca Mps fu bocciata quando la situazione di crisi era ormai più che acclarata). Ciononostante, vi attribuisce importanza il regolatore europeo. Dunque la suspense non mancherà di certo, anche se poi la reazione del mercato potrebbe esaurirsi nel corso di una seduta e forse anche meno. E’ altrettanto vero però che rispetto agli anni scorsi la vigilanza si è fatta più stringente e i giudizi europei sono cresciuti d’importanza nella valutazione da parte del mercato.

Lo stress test è giunto alla sua quinta edizione e coinvolge 48 istituti dell’Eurozona, di cui 4 italiani: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Ubi Banca.

Lo scopo è misurare la capacità di resistenza del capitale di vigilanza – sotto forma di Cet1 – a uno scenario di shock.

L’esercizio 2018 ricalca essenzialmente l’impostazione dello stress test precedente (luglio 2016), ma con uno scenario avverso ritenuto più severo: ipotizza infatti un forte shock sui prezzi immobiliari, con il conseguente depauperamento del valore delle garanzie ipotecarie concesse a fronte dei mutui.

Anche quest’anno la prova sarà compiuta su bilanci statici, al 31 dicembre 2017: cioè una fotografia istantanea a quel giorno senza considerare variazioni già note come per esempio l’incasso da una vendita di Npl.

Secondo quanto comunicato dall’Eba, lo scenario avverso da qui al 2020 vedrebbe la Ue scivolare in una profonda recessione (-8% cumulato del Pil), salirebbero la disoccupazione e lo spread e i prezzi degli immobili subirebbero un deciso calo. Inoltre nel 2019, con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, il Pil scenderebbe in base a questo scenario avverso del 2,2%, quello italiano dell’1,5% e quello Ue del 2,2% per poi recuperare in parte nell’anno successivo. Il circolo vizioso che si potrebbe instaurare fra “redditività delle banche debole e bassa crescita nominale a seguito della recessione europea – spiega l’Eba – colpirebbe in particolare le banche di quei paesi che stanno affrontando cambiamenti strutturali nel settore bancario”. Una affermazione che sembra alludere alla situazione italiana, ma bisognerà vedere poi vedere nel concreto gli effetti sui bilanci in questo esame.

La Bce esaminerà 37 banche dell’area euro nell’ambito degli stress test condotti dall’autorità bancaria Europea e condurrà in parallelo i suoi test sul totale delle 119 banche vigilate direttamente e non dalle autorità nazionali. I risultati saranno utilizzati per calcolare le necessità individuali di capitale (Pillar 2) nel contesto della valutazione Srep condotta banca per banca da Francoforte oltre a supportare la supervisione macroprudenziale.

Fatta eccezione per Mps, nel 2016 tutte le banche italiane superarono la prova,che in realtà non prevedeva alcuna soglia per ottenere la “sufficienza” ma un semplice riferimento al 5,5% (era quella indicata negli stress test precedenti, del 2014). Intesa Sanpaolo in particolare rimediò un Cet 1 transitional al 10,24% nello scenario avverso, superiore anche al 9,5% all’epoca in vigore come requisito Srep. Per il Banco Popolare e Ubi il “traguardo” fu intorno a un Cet 1 del 9%, Unicredit si fermò al 7% (di lì a pochi mesi affrontò un maxi aumento di capitale da 13 miliardi), mentre nel caso di Monte Paschi si arrivò a un dato negativo, con un coefficiente patrimoniale di -2,23%.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

ALTRI ARTICOLI