Sono le pmi quelle in maggiori difficoltà a restituire i crediti alle banche
imprese

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Il 97% dei ‘crediti a sofferenza’ delle banche sono infatti legati alle pmi, mentre solo il 3% delle somme iscritte a bilancio dalle banche stesse come crediti di difficile recupero è in mano alle grandi imprese.

Sono circa 200 miliardi i crediti ufficialmente in sofferenza, ma si stima che quelli effettivamente di difficile recupero siano quasi il doppio: fra sofferenze, altri finanziamenti deteriorati che si configurano come inadempienze probabili o finanziamenti scaduti, la dimensione complessiva del credito deteriorato delle banche italiane calcolato dalla Cgia, su dati della Banca d’Italia, ammonta al 31 marzo 2016 a 333,2 miliardi di euro: 196 miliardi di sofferenze lorde, 125,2 di inadempienze probabili e 12 di finanziamenti scaduti-sconfinati.

Il 70% dei 200 miliardi ufficialmente in sofferenza è riconducibile a clienti compresi nella nicchia delle grandi imprese, perché i crediti che già si sapeva di non poter recuperare (effettivamente in sofferenza) sono stati iscritti sotto la voce “crediti ristrutturati” o “incagli” o addirittura ancora “in bonis”.

Le banche stimano mediamente i crediti “a sofferenza” a un valore pari al 42% di quello facciale: contano cioè di recuperare solo il 42% di quanto effettivamente concesso.

Secondo la Bce quella stima è sopravvalutata perché, considerando lo stato generale dell’economia e il valore reale delle garanzie a presidio dei rischi (per le banche), il concreto apprezzamento di quei crediti non dovrebbe superare il 17-20%. Tra la stima delle banche e quella della Bce ci sono circa 25 punti base di differenza.

Ultimo dato da prendere in considerazione per capire la situazione: per le pmi finanziarsi costa mediamente circa l’8% in più che per le grandi imprese che hanno un potere negoziale maggiore nei confronti delle banche.

 

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