Mario Draghi farebbe bene a non cantare vittoria troppo presto
Mario Draghi difende il Quantitative Easing

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Il programma di Quantitative Easing sta dando i suoi primi frutti, ma al governatore della Bce conviene mantenere una certa cautela senza lasciarsi troppo andare all’ottimismo.

Se lo facesse, il banchiere romano ripeterebbe gli errori commessi un mese fa, quando durante la riunione si è felicitato per l’impatto positivo del programma di acquisto di titoli di Stato prima ancora della sua entrata in vigore.

“Sarebbe facile dichiarare ancora vittoria come ha fatto a Cipro il mese scorso, ma deve essere più cauto e farlo magari in privato e non davanti a troppe telecamere”, ha detto in un’intervista concessa alla CNBC Carsten Brzeski, chief economist di ING Germany.

“Se le cose dovessero andare troppo bene, gli scettici in seno alla Bce farebbero subito di tutto per incominciare a intavolare le discussioni su un’eventuale strategia d’uscita”.

Dal 9 marzo la Banca centrale europea ha iniziato a comprare titoli del debito governativo, dando vita al suo programma di Quantitative Easing da 1.100 miliardi di euro, i cui primissimi dettagli erano stati svelati in gennaio.

Alla riunione di politica monetaria di marzo a Cipro, secondo gli economisti interpellati da Reuters, Draghi ha di fatto dichiarato vittoria. Per tre quarti degli analisti la Bce ha ragione a dichiarare il programma un successo, perché sta avendo un impatto positivo.

Ma Draghi dovrà guardarsi le spalle e stare attento a quello che dice nella riunione di aprile, che si tiene in settimana. Qualche giorno fa Yves Mersch, membro del direttivo della Bce, ha dichiarato al quotidiano tedesco Boersen-Zeitung che se le attese di inflazione dovessero salire più del previsto e avvicinarsi all’obiettivo del 2% delle autorità, il piano di allentamento straordinario verrebbe interrotto prima del previsto, che sarebbe a settembre dell’anno prossimo. E’ proprio questo il punto. Come spiega Nick Matthews, senior economist dell’Europa presso Nomura International a Londra, “Draghi è in una situazione in cui deve bilanciare il messaggio positivo che arriva dai dati, smorzando i timori che il QE possa essere ridotto o contenuto, o completato prima del tempo (proprio a causa del miglioramento apparente dei fondamentali dell’economia)”.

Secondo Luca Giannelle, client portfolio manager di Russell Investments, il piano di Draghi “sta andando a buon fine. Le aspettative sull’inflazione stanno aumentando e il momentum sulla crescita si sta riprendendo”. Giannelle cita anche gli effetti collaterali positivi sugli utili aziendali.

Gli ultimi dati sui prezzi al consumo mostrano un trend in miglioramento ma l’obiettivo del 2% è ancora lontanissimo. Le pressioni deflative si stanno progressivamente allentando, con l’inflazione che è scesa dello 0,1% anno su anno, dopo il calo dello 0,3% di febbraio e il -0,6% di gennaio.

Un altro fattore che innervosisce gli investitori è la possibilità che la Bce non riesca a trovare asset sufficienti da acquistare con il programma di quantitative easing. La stessa Bce ha detto d’altronde che non acquisterà bond che abbiano rendimenti inferiori al tasso di deposito, che al momento è pari a -0,2%. Ma proprio “grazie” al QE i tassi dei bond stanno scendendo sempre più velocemente, e aumentano le obbligazioni che hanno rendimenti negativi. Per fare un esempio: i bond tedeschi che hanno una scadenza fino a quattro anni rendono al momento ancora meno del -0,2%, e anche alcuni bond a breve termine dell’Italia e della Spagna presentano ritorni negativi. “La Bce potrebbe trovarsi in quella situazione, nel corso dell’anno, in cui non ci saranno bond governativi sufficienti per soddisfare il target di acquisti stabilito mensilmente – ha detto nel corso di un’intervista rilasciata a Bloomberg Marie Diron, vice direttore generale senior di Moody’s Investors Service, a Londra – Tra i mercati dei bond governativi e le principali economie dell’Eurozona, solo i bond spagnoli e italiani potrebbero essere disponibili fino alla fine del programma”.

Dall’altro lato, una domanda che potrebbe essere rivolta a Draghi è se per caso le stime degli economisti della Bce, comunicate a marzo, non siano state troppo ottimistiche. L’Istituto prevede un rialzo dell’inflazione fino all’1,8% nel 2017, quasi in linea con il target fissato dall’istituto, pari al 2%. Tuttavia l’incertezza è alta e soprattutto non sempre politiche ultra accomodanti hanno creato inflazione. Indicativo è la trappola della liquidità del Giappone, durata per molti anni, e i cui strascichi continuano a essere avvertiti.

Altro nodo su cui Draghi sarà chiamato a rispondere è, ovviamente la Grecia. A tal proposito, il banchiere potrebbe ribadire quanto già affermato in passato, ovvero che la Bce ha erogato diversi prestiti al paese, ultimamente anche alzando più volte il tetto massimo dei fondi di liquidità di emergenza. In generale, stando a quanto riporta Bloomberg, Draghi ribadirà probabilmente la necessità di approfittare dei bassi prezzi del petrolio e degli stimoli della Bce, per fare in modo che la ripresa dell’Eurozona, da “ciclica”, diventi “strutturale”.

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