Nuove sanzioni da parte dell’antitrust

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L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha adottato le nuove Linee guida in materia di sanzioni per il calcolo delle multe pecuniarie inflitte alle imprese per violazione delle norme sulla concorrenza. Tra le varie cose, viene introdotta una percentuale minima (pari al 15% del valore delle vendite) per i cartelli di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, le infrazioni più gravi alle regole di concorrenza.

La possibilità di incrementare la sanzione fino al 50% qualora l’impresa responsabile realizzi un fatturato totale a livello mondiale molto elevato rispetto al valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione oppure appartenga a un gruppo di significative dimensioni economiche. Inoltre, la possibilità di incrementare la sanzione in considerazione degli utili illeciti realizzati dall’impresa responsabile dell’infrazione e la considerazione, quali possibili circostanze attenuanti, dell’adozione ed applicazione di un programma di compliance.

Secondo l’opinione prevalente raccolta tra i legali specializzati in tema di concorrenza a poche settimane dall’entrata in vigore delle Linee guida, quello dell’Antitrust è un intervento positivo, che contribuirà a dare maggior chiarezza e certezza alle imprese, permettendo di coniugare efficacia repressiva e prevenzione, con un occhio all’andamento economico delle imprese coinvolte.

Le imprese

«Le Linee guida avranno un ruolo cruciale nell’affermarsi di programmi di compliance antitrust seri e ben strutturati, anche al di là del panorama delle grandi imprese che da tempo adottano e applicano questi programmi» spiega Massimo Mantovani, general counsel di Eni. «Le imprese saranno incentivate ad articolare e attuare i propri programmi di compliance, prevedendo un forte coinvolgimento del top management e rafforzando le proprie attività non solo di identificazione e valutazione dei rischi, ma anche di loro attenuazione con la definizione di processi interni adeguati al rischio identificato e training formativi specifici» conclude.

Secondo Raimondo Rinaldi, direzione affari legali e societari di Exxon Mobil e presidente dell’Aigi, «il riconoscimento del valore di attenuante dei programmi va accolto con favore perché costituisce un passo in avanti per allineare la prassi italiana a quanto già previsto a livello europeo. È auspicabile che nella valutazione dell’efficacia del programma di compliance per la riduzione della sanzione, l’Autorità non ripeta quanto avvenuto, da parte dell’autorità giudiziaria, con i modelli organizzativi ex legge 231 del 2001 e cioè l’assunzione che la mera commissione della violazione equivalga a prova insuperabile dell’inefficacia del programma».

Ginevra Bruzzone, vicedirettore generale e direttore area attività di impresa e concorrenza di Assonime ritiene positivo «il coinvolgimento del management, l’identificazione del personale responsabile del programma, l’identificazione e valutazione dei rischi sulla base del settore di attività e del contesto operativo, l’organizzazione di attività di training adeguate alle dimensioni economiche dell’impresa, la previsione di incentivi per il rispetto del programma nonché di disincentivi per il mancato rispetto dello stesso».

I legali

«Le Linee guida sono un rilevante passo avanti, atteso da anni, verso una maggiore cultura della concorrenza e della legalità», commenta Luciano Di Via, partner responsabile del dipartimento Antitrust di Clifford Chance in Italia. «Alle imprese è offerta l’opportunità di adottare interventi che riducano concretamente il rischio di incorrere in violazioni delle norme concorrenziali.

Inoltre pongono dei paletti al potere valutativo del calcolo delle sanzioni, più in linea con l’effettivo impatto della condotta posta in essere, del vantaggio che questa può generare per l’impresa che se ne rende promotrice e più consone all’attuale andamento dell’economia.

Spesso le multe sono parse eccessive e fortemente impattanti per le imprese cui sono state inflitte» aggiunge.

Secondo Alessandro Greco, responsabile del dipartimento di diritto comunitario e della concorrenza di Eversheds Bianchini, l’adozione delle Linee guida colma un gap significativo della disciplina italiana rispetto alla regolamentazione europea. «Tra gli aspetti più rilevanti bisogna segnalare la previsione e la valorizzazione dei programmi di compliance. Mancano però le indicazioni circa il contenuto minimo che detti programmi debbono presentare e questo potrebbe, nei fatti, rendere molto discrezionale la loro valutazione. Rispetto all’esperienza del dlgs 231/2001, l’adozione di programmi di compliance in tema Antitrust non costituisce un’esimente rispetto alla responsabilità d’impresa».

Per l’ex presidente dell’Agcm, Antonio Catricalà, da pochi mesi socio of counsel nello Studio Lipani Catricalà &Partners «tutto il processo decisionale dell’Autorità diventa trasparente, la discrezionalità è ricondotta all’interno di un quadro che, anche se non pienamente condiviso, è almeno conosciuto. Credo siano state perse alcune occasioni: le sanzioni da applicare in caso di intese messe in atto dalle associazioni restano calcolate al fatturato risultante dai contributi associativi mentre il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione, quello della somma dei fatturati dei singoli associati, ha una potenzialità di deterrenza decisamente maggiore. Si poteva fare di più sul fronte delle attenuanti legate al cattivo andamento delle imprese coinvolte, considerata anche la gravissima crisi economica che sta attraversando il paese. Ritengo sempre possibili aggiustamenti intelligenti».

Per Stefano Grassani, partner responsabile del dipartimento Antitrust di Pavia e Ansaldo, alcuni dubbi restano in ordine ai programmi di compliance come circostanza attenuante. «Forse si poteva sperare ed osare di più, nel senso di una precisa quantificazione della riduzione di pena, come in Francia. Personalmente non credo che, con la sola eccezione dell’amnesty plus, queste Linee guida provochino una sostanziale modifica dell’enforcement in tema di sanzioni. Del resto, le linee-guida tendono ad essere una sintesi di quanto l’Autorità già applica e la loro utilità è spesso più in termini di trasparenza che di innovazione. Tuttavia, l’amnesty plus è un’interessante modifica in melius per le imprese».

Per Salvatore Lamarca, senior counsel dello studio legale Bird&Bird, «l’iniziativa, garantendo maggiore trasparenza attraverso la prevedibilità dell’iter decisionale, va salutata con favore. Va considerato il rischio nell’adozione di alcuni criteri ultronei e diversi da quelli stabiliti a livello comunitario, a probabile discapito della certezza del diritto e della necessaria armonizzazione nell’esercizio dei poteri sanzionatori. Suscita qualche dubbio la possibilità di incrementare ulteriormente la sanzione in considerazione degli utili illeciti realizzati dall’impresa responsabile in quanto si ha l’impressione di un possibile sconfinamento nelle competenze del private enforcement del diritto antitrust».

«Le Linee guida possono condizionare in misura significativa la futura prassi dell’Agcm, la quale dovrà quantomeno motivare in maniera adeguata eventuali scostamenti dai criteri che si è autoimposta» sottolinea Marco D’Ostuni, partner di Cleary Gottlieb. «Inoltre le Linee guida potranno stimolare un’eventuale evoluzione della giurisprudenza, che sarà presto chiamata a confrontarsi con esse e, in particolare, con i loro aspetti più innovativi» conclude.

«L’Autorità manda un messaggio chiaro alle imprese; di voler punire severamente chi commette violazioni gravi della regole della concorrenza. Per beneficiare dello sconto non basta la mera adozione formale del programma di compliance, occorre dimostrare un concreto impegno al rispetto di quanto previsto dal programma» chiosa Alessandro Boso Carretta, partner di Dla Piper.

Insiste sul concetto Davide Cacchioli, equity partner competition dello studio Pedersoli, rimarcando come «perché possa essere applicata l’attenuante, le imprese non potranno limitarsi ad assumere iniziative meramente formali, ma dovranno farsi carico di implementare concretamente i programmi di compliance antitrust».

«Le imprese potranno beneficiare della maggiore trasparenza, prevedibilità ed obiettività delle valutazioni dell’Agcm quanto all’irrogazione delle sanzioni. Solo la concreta prassi applicativa potrà assicurare il giusto equilibrio tra deterrenza e trasparenza. Una totale prevedibilità della sanzione ex ante consentirebbe alle imprese di stimare con precisione la convenienza delle violazioni, e indebolirebbe l’efficacia dissuasiva delle sanzioni», aggiunge Francesco Sciaudone, founding partner di Grimaldi Studio Legale, responsabile del dipartimento di Antitrust e amministrativo.

Per Giuseppe Mezzapesa, of counsel di Jones Day, «bisogna sottolineare che l’Autorità mantiene un margine di discrezionalità nel calcolo fin troppo ampio. Ciò rischia di andare a detrimento della posizione delle parti coinvolte. L’iniziativa è lodevole ma ci sono dubbi sull’effettiva possibilità di prevedere in concreto l’importo della sanzione che verrà applicata».

Per Silvia D’Alberti, partner di Allen & Overy il grande pregio delle Linee guida è l’aver attribuito il valore di attenuante all’adozione di una compliance antitrust. «Questo incentiverà le imprese che ancora non vi hanno provveduto a dotarsi di programmi di compliance concreti ed effettivi e a monitorarne la corretta esecuzione. In considerazione della marcata presenza di piccole e medie imprese nell’economia italiana, sarebbe molto utile se l’Autorità declinasse con maggiore dettaglio le caratteristiche specifiche che un programma di compliance deve possedere affinché l’impresa possa concretamente beneficiare di una riduzione della sanzione».

Solleva qualche dubbio Enzo Marasà, responsabile Antitrust dello studio Orsingher Ortu per il quale «il fatto che l’Agcm si sia espressamente riservata la possibilità di derogare ai criteri delle Linee guida in circostanze eccezionali reintroduce alcuni elementi di incertezza e imprevedibilità che caratterizzavano la materia delle sanzioni antitrust prima di tale provvedimento. A differenza di quanto accadeva prima, ogni discostamento dal regime delle Linee guida dovrà essere motivato con un ragionamento esente da vizi logici e giuridici, in difetto del quale l’impresa sanzionata potrà impugnare la decisione e ottenerne una revisione».

Focalizza le proprie criticità sull’aggiunta del c.d. importo supplementare che l’Agcm può in piena discrezionalità aggiungere alla sanzione Roberto Mastroianni, of Counsel di Lca. «Stiamo parlando di un aumento dal 15 al 25% per cento della sanzione, dunque di cifre in ipotesi alte. Un punto critico si rinviene nella presenza di numerose clausole che consentono all’Agcm di aumentare, e di molto, la sanzione, che vanno da una serie di circostanze aggravanti alla possibilità di moltiplicare la cifra di base per il numero di anni in cui la violazione si è realizzata. Queste circostanze, rimesse alla discrezionalità dell’Agcm, rischiano di trasformare il massimo edittale nella cifra che nella prassi viene sempre raggiunta al momento della concreta determinazione delle sanzioni».

Secondo Alberto Pera, partner del dipartimento concorrenza e regolamentazione dello studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, «il fatto che la predisposizione del programma di compliance aziendale possa essere effettuata sia prima che sia scoperto l’illecito che immediatamente dopo la sua scoperta, ricalca quanto previsto dalle Linee guida elaborate dall’Autorità inglese. È importante la scelta italiana di subordinare la concessione dell’attenuante al soddisfacimento di due requisiti: l’allineamento del programma alle best practices europee e nazionali e la dimostrazione di un effettivo e concreto impegno al rispetto di quanto previsto nello stesso programma. Insomma, occorre non solo di disegnare delle procedure, ma attuarle».

Molto pragmaticamente Carlo Emanuele Rossi, socio di Carnelutti Studio Legale Associato, ricorda che «l’adozione delle Linee guida dovrebbe portare ad una maggiore uniformità nel calcolo delle sanzioni da comminare e ad un inasprimento delle sanzioni stesse. Probabilmente assisteremo ad un trend di crescita del valore delle sanzioni comminate alle imprese, in linea con il trend comunitario degli ultimi anni».

Per Andrea Zulli, Studio legale Covington & Burling a Bruxelles, la compliance antitrust, sebbene attuata a livello di grandi gruppi nazionali, rimane ancora poco conosciuta, se non estranea, alle medie e piccole imprese nazionali. «Non credo assisteremo ad un ritorno di fiamma per i nostri general counsel. Semmai vedo margini significativi di correzione in corso d’opera e miglioramento dei programmi di compliance aziendale, sulla falsariga dei meccanismi contemplati nell’ambito delle linee giuda Ue relative alla compliance, nonché della normativa nazionale ai sensi delle Legge 231, data l’assenza di linee giuda nazionali specifiche al riguardo».

Porta la valutazione su casi concreti Enrico Adriano Raffaelli, partner dello Studio Rucellai & Raffaelli, secondo il quale le «Linee guida serviranno ad evitare sanzioni difficili da accettare, quale quella comminata a Roche, che non solo si è vista condannare per un prodotto non suo (prodotto galenico magistrale preparato da farmacisti,ndr) e soltanto derivato dal suo prodotto Avastin, vedendosi poi applicare una sanzione determinata sulla base del fatturato realizzato dall’altra impresa coinvolta nella pretesa infrazione (Novartis), così raggiungendo la misura di 90 milioni di euro, in assenza di una qualsiasi istruttoria».

Per Claudio Tesauro, partner di Bonelli Erede Pappalardo, «l’adozione delle Linee guida va accolta con favore. Riduce di molto i margini di discrezionalità dell’Autorità nell’imporre le ammende e, auspicabilmente, ridurrà l’ampio contenzioso che spesso ne è scaturito negli anni passati. Il tutto, nella direzione da anni tracciata dalla Commissione, a cui le imprese sono già abituate. Inoltre, se è vero che le Linee guida allineano la politica sanzionatoria italiana all’assai severo approccio europeo, dall’altro, è altrettanto vero che l’Autorità nazionale ha inserito elementi potenzialmente attenuanti che sembrano adeguati al contesto italiano e che potrebbero offrire la possibilità alle imprese di ottenere importanti riduzioni delle ammende, in caso di collaborazione alla costruzione e alla salvaguardia della competitività dei mercati».

Secondo Luca Toffoletti, partner di Nctm Studio Legale Associato, «un programma di antitrust compliance disegnato con attenzione alle specificità dell’impresa, dotato di tutti gli appropriati presidi di controllo e aggiornamento, è uno strumento che produce consapevolezza a tutti i livelli dell’organizzazione per un insieme di rischi spesso sottovalutato. Sebbene siano state sottolineate alcune controindicazioni di questa policy premiale – penso che in Italia possa essere una scelta azzeccata».

Infine, per Sacha D’Ecclesiis, del dipartimento Antitrust, competition and economic regulation dello Studio legale Hogan Lovells «è auspicabile che l’Agcm inizi a valutare con maggiore rigore i reali effetti economici delle violazioni anticoncorrenziali, aggredendo realmente gli extra-profitti anticoncorrenziali piuttosto che comportamenti d’impresa poco accorti ma senza un reale impatto economico negativo. Questa analisi permetterebbe di determinare reali vantaggi per i consumatori nel medio termine e di fornire indicazioni puntuali al giudice civile che sempre più spesso dovrà pronunciarsi sui danni derivanti da violazioni anticoncorrenziali e in terzo luogo, appunto di calibrare con esattezza la propria azione repressiva degli illeciti anticoncorrenziali».

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