La Popolare di Vicenza rinuncia a Banca Etruria

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Il matrimonio tra Banca Popolare di Vicenza e Banca Etruria non ci sarà. Dopo il garbato «no grazie» arrivato la scorsa settimana da parte della banca toscana, ieri il cda veneto ha preso atto che «non vi sono i presupposti per proseguire la trattativa» rispetto a un’eventuale integrazione.

Una risposta per certi versi attesa (si veda Il Sole 24 Ore dello scorso 12 giugno) che però non era ancora stata del tutto scontata dal mercato, tanto che anche ieri il titolo Bpel è salito dell’1%, a 90 centesimi, un valore non troppo lontano dall’euro per azione offerto da Vicenza lo scorso 28 maggio. In quell’occasione la banca presieduta da Gianni Zonin aveva infatti lanciato una proposta di Opa amichevole sulla banca di Arezzo: i veneti erano pronti a mettere sul tavolo 220 milioni cash – con un premio del 25% sul valore del titolo al momento dell’offerta – a patto di arrivare a registrare l’adesione all’Opa del 90% dei soci e di trasformare la società da cooperativa in Spa. Per evitare scalate ostili, e magari reazioni scomposte del territorio, BpVi aveva posto inoltre come pre-requisito il parere favorevole all’operazione del Cda di Banca Etruria. Tuttavia, come detto, mercoledì scorso, dopo un’alzata di scudi da parte della politica locale, la risposta di Arezzo alla proposta vincolante dei veneti è arrivata, ed è stata negativa. «L’interesse per l’integrazione» c’è, aveva scritto in un comunicato il Cda presieduto da Lorenzo Rosi, ma non si può «esprimere allo stato una preliminare valutazione positiva della proposta così come rappresentata da BpVi».
Ieri, dunque, la contro-risposta del cda vicentino. Che, in assenza della valutazione positiva di Bpel, ha comunicato non solo che «l’offerta vincolante è decaduta» ma che mancano anche i presupposti per proseguire la trattativa. «Eventuali altre ipotesi o proposte diverse dalla ormai decaduta offerta vincolante» del 28 maggio, ha sottolineato Vicenza in una nota, «non possono essere prese in considerazione in quanto non rispondenti alla strategia della Banca Popolare di Vicenza».
A poco insomma sono valsi i colloqui informali che in questi giorni sarebbero intercorsi tra i vertici dei due istituti. Arezzo, a quanto risulta, avrebbe posto tra le condizioni per continuare le trattative il mantenimento del gruppo e del brand, oltre alla conservazione in Toscana del quartier generale della banca. Scartata la modalità dell’Opa, i toscani avrebbero messo sul piatto modalità diverse di aggregazione, che però non avrebbero trovato il favore dei vicentini.
Ora si tratta di capire quale sarà la risposta del mercato alla mancata aggregazione. Il titolo di Banca Etruria oscillava in area 70-80 centesimi prima della formalizzazione della proposta di BpVi e non è da escludere che si possa registrare un assestamento in questa direzione. Sotto il profilo industriale, il gruppo toscano non ha strade alternative a quella dell’aggregazione, come richiesto da Bankitalia. Serve un soggetto di «elevato standing» per porre in sicurezza un portafoglio crediti che per circa un terzo è in condizione deteriorata. In molti, ad Arezzo, confidano in un ritorno di interesse da parte di Bper, banca che però nei mesi scorsi si è sfilata dalla gara. Le attenzioni dell’istituto emiliano oggi sono tutte per l’aumento di capitale da 750 milioni e il processo di riorganizzazione interna. Al di là di qualche colloquio informale è difficile insomma che, almeno per ora, l’eventuale aggregazione prenda forma. «Non c’è alcun dossier sul tavolo» ha risposto lo stesso ceo Alessandro Vandelli in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore dello scorso 15 giugno rispondendo proprio a una domanda su un eventuale interessamento per la banca del centro Italia.
D’altra parte c’è Pop Vicenza. Chiuso il dossier Etruria, la banca non può far altro che concentrarsi sugli altri dossier sul tavolo. Entro fine mese dovrebbe essere formalizzata l’offerta per Popolare Marostica, per cui è in corsa anche Volksbank. Mentre più indietro è il percorso di Carife, su cui è in atto ancora la due diligence. Senza contare l’aumento di capitale da 608 milioni, che deve essere chiuso entro il 2 agosto.

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