Poste Italiane vale 8,7 miliardi

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Il responso è arrivato dal mercato al termine di quasi due settimane di offerta pubblica: i pur copiosi ordini giunti da investitori istituzionali italiani ed esteri e da fondi sovrani non hanno consentito di arrivare alla soglia dei 9 miliardi. Il prezzo finale dell’operazione non andrà oltre 6,75 euro. L’offerta di vendita è terminata ieri all’ora di pranzo e il prezzo definitivo, assieme all’esito dell’operazione, verrà comunicato oggi alla presenza del ministro per l’Economia, Pier Carlo Padoan, del management della società, dei rappresentanti del consorzio di collocamento (e degli advisor Rothschild per Poste e Lazard per il Tesoro). Già da ieri mattina, però, appariva chiaro il punto di approdo della cessione: il ministero del Tesoro ha autorizzato un’ulteriore chiusura della forchetta di prezzo (dopo una decisione analoga il giorno precedente)?a un intervallo molto ristretto, tra 6,5 e 6,75 euro, lasciando intuire la valutazione della società. In serata i rumors accreditavano un livello di prezzo definitivo a 6,75 euro. Ma anche se fosse 1 centesimo di meno la situazione non cambierebbe di molto. A fronte della vendita di 498 milioni di azioni (dunque inclusa la greenshoe) l’incasso per il ministero dell’Economia, a questo livello di prezzo, si attesa a 3,346 miliardi, al netto di 15 milioni di commissioni riconosciute al consorzio di banche del collocamento. Al di sotto dei 4 miliardi di euro stimati prima dell’avvio del processo di privatizzazione della società.
È probabile che per riuscire a portare la copertura del book degli investitori sul prezzo massimo del range fissato ieri, pari appunto a 6,75 euro, si farà leva anche sul discreto successo che l’operazione ha avuto per l’adesione dei risparmiatori. Il ministero dell’Economia sin dall’inizio dell’operazione intendeva dare spazio al retail anche per una valenza politica della privatizzazione, ma a questo punto appare molto probabile che la ripartizione tra istituzionali e retail si sposterà a vantaggio di quest’ultimo, la cui quota dovrebbe salire dal 30 al 35 per cento delle azioni offerte (dunque dei 435 milioni di titoli in vendita, al netto della greenshoe). L’effetto sarà quello di ridurre il numero dei titoli a disposizione degli istituzionali e di eliminare dal book gli ordini con i prezzi più bassi nel range 6,5-6,75 fissati ieri. È verosimile stimare che questa ultima forchetta di prezzo sia stata coperta per due o tre volte. L’eliminazione degli ordini inclusi comunque in questo range per fare posto al retail, lascerà quell’appetito sul mercato che dovrebbe consentire alle azioni di Poste Italiane di apprezzarsi in Borsa dopo l’avvio delle negoziazioni.
La scelta degli investitori di non alzare troppo il livello di prezzo sugli ordini si traduce in un effetto benefico per i risparmiatori. È previsto, infatti, che il valore fissato per questo pubblico sia il più basso tra il prezzo massimo, pari a 7,5 euro, e il prezzo fissato per gli istituzionali, che sarà vicino a 6,75 euro. Il costo del lotto minimo, pari a 500 azioni, si dovrebbe attestare così al massimo a 3375 euro; il lotto minimo per i dipendenti, pari a 50 azioni, a 337 euro. Una volta definito il book e quali investitori saranno chiamati a farne parte si potrà sapere qualcosa di più sulla composizione del nuovo azionariato di Poste Italiane. A oggi si sa che si è fatto avanti un fondo sovrano del Kuwait, la Kia, per prenotare una quota superiore al 2%, ma anche fondi Usa come Fidelity, Oaktree, Blackrock. Possibile che si faccia avanti qualche altro fondo sovrano, forse anche i cinesi di Cic. E poi i maggiori investitori italiani, tra cui Pioneer, Generali, Kairos, IntesaSanpaolo. E ancora: il finanziere George Soros e il fondo pensione governativo novergese Norges Bank.
«Poste Italiane si è presentata sul mercato come la più importante operazione dell’anno a Piazza Affari. I nostri clienti l’hanno apprezzata per il buon dividend yield atteso,per la futura liquidità dell’investimento e per la possibilità di approcciare un mercato volatile come quello azionario di questi tempi con una azione “value” di una società italiana. Queste grandi operazioni di privatizzazione sono positive in generale per i listini azionari in quanto avvicinano gli investitori ad un mercato che altrimenti è da molti ancora visto come troppo pericoloso soprattutto se confrontato con il più rassicurante mercato del reddito fisso, i cui rendimenti su titoli “tranquilli” sono ormai prossimi allo zero»?ha commentato Gianluca Attimis, responsabile wealth management di Banca Leonardo.

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