Prima di inserirsi stabilmente all’interno di un’azienda, per il lavoratore dipendente può essere previsto un periodo di prova
Il diritto del lavoro è caratterizzato da una pluralità di situazioni e questioni pratiche, che meritano un chiarimento - tenendo ben presenti le regole vigenti.
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Il diritto del lavoro è caratterizzato da una pluralità di situazioni e questioni pratiche, che meritano un chiarimento – tenendo ben presenti le regole vigenti. Pensiamo ad esempio ai casi di assenza dal lavoro durante il periodo di prova. Che succede in queste circostanze? Quali sono le conseguenze concrete per il lavoratore sotto test? Lo vedremo nel corso di questo articolo per alcune delle più ricorrenti assenze, anticipando che le assenze durante il periodo di prova sono trattate differentemente in base al motivo che le ha originate. Ecco i dettagli.

Il caso dell’assenza per ferie e il periodo di prova

Se ci domandiamo come funziona l’assenza del lavoratore nell’ambito del periodo di prova, la risposta preliminare è che la legge non dà dettagliate e onnicomprensive indicazioni circa la conservazione del posto di lavoro. Conseguentemente, occorre far riferimento agli indirizzi giurisprudenziali di riferimento sul punto e ai casi pratici di volta in volta analizzati.

Rileva anzitutto un caso classico di assenza dal posto di lavoro da parte del lavoratore, ovvero le ferie. In linea generale, secondo il Codice civile il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce. Ciò vale tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del dipendente stesso. In particolare, l’imprenditore deve anticipatamente rendere noto al prestatore di lavoro il periodo fissato per il godimento delle ferie.

Non vi sono dubbi a riguardo: la legge prevede che sia compito dell’azienda indicare il periodo in cui i lavoratori potranno godere del diritto di ferie, sulla scorta delle esigenze aziendali e di quelle del prestatore di lavoro.

Sul punto la giurisprudenza è concorde nell’escludere dal periodo di prova i giorni nei quali la prestazione lavorativa non si è avuta a causa di eventi non prevedibili alla firma del patto di prova stesso. In particolare, essendo la finalità delle ferie quella di permettere al lavoratore di recuperare le energie psicofisiche dopo un lungo periodo di lavoro, e considerando che ciò non si verifica durante il patto di prova, in linea tendenziale si prolunga il periodo di prova dei giorni di ferie goduti.

Tipico è il caso della chiusura aziendale estiva, che riguarda moltissimi luoghi di lavoro. Non devi dimenticare che questo tipo di chiusura aziendale obbliga tutti i dipendenti a prendere le ferie: d’altronde non può essere altrimenti, in quando la sede è chiusa e le attività sono ferme.

Per quanto riguarda lo stato di gravidanza, i giudici hanno sostenuto che la lavoratrice può essere licenziata per mancato superamento del periodo di prova. Ma attenzione: a garanzia della donna vi è pur sempre l’importanza di argomentare le reali motivazioni dello stop al rapporto di lavoro, al fine di evitare di dare spazio all’ipotesi che il licenziamento sia dovuto allo stato interessante.

Tieni comunque presente che la legge ha fissato un paletto, per impedire che un datore di lavoro si serva di questo strumento a discriminare una donna che nel frattempo ha reso noto di essere incinta.

In estrema sintesi, occorre indicare le precise ragioni per cui si ritiene che la lavoratrice non possa superare il periodo di prova. Per la donna vi è comunque la facoltà di valutare un’azione legale, laddove la spiegazione dei motivi del mancato superamento della prova non siano convincenti o paiano pretestuosi. Innanzi a un giudice l’azienda sarà poi tenuta a dimostrare l’effettiva inidoneitàdella donna a svolgere le mansioni di cui all’assunzione – e ciò al di là dello stato di gravidanza.

Tuttavia, vero è che sul punto si è affermato un altro filone giurisprudenziale, che non possiamo non ricordare. Esso indica che l’assenza per maternità porterebbe alla conseguenza della sospensione del periodo di prova con continuazione, per il periodo restante, al termine della maternità. Anche in questo contesto, si è dunque affermato il principio che già vale per il caso dell’assenza per ferie, vale a dire che gli eventi non prevedibili alla data della firma del contratto di lavoro in prova, come infortuni, malattie, gravidanza e puerperio sono idonei a determinare la sospensione della decorrenza del patto di prova.

Come probabilmente già saprai, la normativa italiana riconosce il diritto dei lavoratori ad assentarsi dal lavoro in permesso retribuito o aspettativa per una serie di eventi legati alla propria vita personale. Un esempio classico è appunto l’aspettativa, che consiste nella possibilità per il lavoratore di mantenere il proprio posto nonostante non ci si presenti in azienda o in ufficio per un certo lasso di tempo. In dette circostanze, il datore di lavoro non può licenziare la persona inserita in organico.

Per garantire a tutti i cittadini il diritto a candidarsi e rivestire cariche pubbliche, l’aspettativa permette di assentarsi dal lavoro per il periodo previsto dal mandato.

Ebbene, in tema di rapporto tra aspettativa e periodo di prova, devi sapere che è pacificamente ammessa la sospensione del periodo di prova e la sua ripresa posticipata, nell’ipotesi in cui il lavoratore richieda un’aspettativa per lo svolgimento di una carica pubblica.

Un altro caso pratico potrebbe essere il seguente: quali sono le conseguenze se, a causa di un assenza nell’ambito del periodo di prova, sia superato – in un contratto a termine – il periodo previsto per la sua conclusione? Ricordiamo che in base alla legge, possono essere licenziati i lavoratori dal momento in cui l’assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono passati sei mesidall’inizio del rapporto di lavoro.

Attenzione però, perché in questi casi se sussiste un interesse di ambo le parti, è consentita la continuazione del periodo di prova al termine dell’assenza giustificata del prestatore di lavoro, tenuto conto che il prolungamento della prova ovviamente non va a pregiudicare il suo obbiettivo – vale a dire la valutazione reciproca dell’interesse a prolungare il rapporto di lavoro nel corso del tempo.

In circostanze come queste, a scanso di equivoci, è utile applicare una buona regola. Meglio infatti chiarire per iscritto la volontà delle parti di proseguire il periodo di prova, al termine della sopravvenuta assenza giustificata. Ricordiamo infine che, dal punto di vista tecnico, non si tratta formalmente di una proroga dei termini – essendo la disciplina normativa della durata del periodo di del tutto inderogabile – ma piuttosto di uno spostamento temporale del periodo di provanon svolto alla fine dell’assenza giustificata.

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