Privacy, stretta sui risarcimenti

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Il danno non patrimoniale per la lesione della privacy non è sempre risarcibile: perché scatti il diritto è necessario verificare la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio subìto. A beneficiare del giro di vite della Cassazione sui risarcimenti (sentenza 16133 depositata ieri) è stata l’Università Roma tre, citata in giudizio da alcuni specializzandi che ritenevano il loro diritto alla riservatezza leso dalla pubblicazione su internet dei loro dati personali. Notizie – che andavano dalle generalità alle attività di studio, dal codice fiscale alla posizione lavorativa e ai redditi di lavoro – alle quali era possibile avere accesso non solo attraverso il file excel con l’indirizzo dell’Università ma anche passando per Google, inserendo semplicemente il loro nome e il cognome. Una griglia di 3.724 specializzati e specializzandi messi, a loro avviso, impropriamente in “vetrina”. La pubblicità data alle informazioni che li riguardavano aveva provocato loro un patema d’animo per un possibile furto di identità e «un disagio conseguente alla propria indiscriminata esposizione personale anche di carattere economico». Disagio che, per il Tribunale era sufficiente a giustificare il risarcimento del danno non patrimoniale.
L’Università, dal canto suo, aveva giustificato la divulgazione sostenendo che il requisito della proporzionalità tra il diritto violato e lo scopo istituzionale perseguito non sarebbe necessario nel caso di un trattamento sottratto al consenso dell’interessato perché riguarda dati provenienti da pubblici registri. Sul punto però la Cassazione non è d’accordo e ricorda che la provenienza dei dati dai pubblici registri che rende non necessario il via libera del soggetti coinvolti non esonera dal rispetto del Codice della privacy; detto questo però i giudici accolgono il ricorso dell’Ateneo romano, escludendo qualunque automatismo tra la violazione e il risarcimento.
Spetta, infatti, al giudice valutare caso per caso, se l’offesa supera «la soglia minima di tollerabilità». Sul piatto della bilancia vanno la gravità della lesione e la serietà del danno causato con l’ingerenza nella privacy, dall’altra va il principio della tolleranza che è il punto di mediazione tra il diritto del singolo e il costo che ciascuno deve pagare per vivere un’esistenza collettiva. Il giudice nel decidere dovrà avere un occhio attento alla vicenda concreta e al contesto temporale e sociale in cui è maturata, considerando al tempo stesso la «singolarità delle perdite personali vericatesi». Questo dovrà fare il tribunale di Roma a cui la Cassazione rinvia la causa dopo aver annullato il risarcimento di 3 mila euro riconosciuto agli specializzandi.
È andata invece meglio a due studenti di Messina che avevano contestato la violazione delle regole sull’anonimato nella consegna dei test di ingresso alla facoltà di medicina. Il Tar aveva respinto il ricorso mentre l’altro ieri il Consiglio di Stato lo ha accolto. Per loro circa 20 mila euro di risarcimento e la riammissione in graduatoria anche se la prova non l’avevano superata.

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