I problemi delle banche italiane non sono finiti con gli stress test di venerdì
Deutsche Bank e Santander bocciate agli stress test

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È questo il messaggio che sembra arrivare dal mercato nella prima giornata di contrattazione dopo la pubblicazione dei risultati dei test condotti dall’Eba, con tutti gli istutiti di credito italiani che hanno chiuso in perdita  , con la sola eccezione di Monte dei Paschi di Siena, che ha registrato un debole +0,58%

Piccolo paradosso, solo in superficie, visto che l’esame approfondito condotto dall’Eba aveva invece “promosso” le banche italiane, con risultati in alcuni casi molto incoraggianti come nei casi di Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare, fornendo invece indicazioni ben poco rassicuranti – come ampiamente atteso – su Monte dei Paschi di Siena.

Guai però a fare letture affrettate. “Sarebbe sbagliato dire, guardando soltanto la giornata di oggi in Borsa, che i mercati abbiano apprezzato il piano su Mps e penalizzato ad esempio istituti come Unicredit”, mette in guardia Nicola Borri, docente alla Luiss ed esperto del sistema bancario italiano. “Dai dati di oggi credo si possa leggere ben poco. Difficile arrivare a conclusioni legate direttamente ai risultati di venerdì visto che si trattava in gran parte di conclusioni attese, già scontate. Anche se gli esami dell’Eba non sono andati male – prosegue Borri – c’è ancora molta strada da fare”.

Dello stesso avviso anche Marco Onado, professore nel Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi di Milano e altro grande esperto di banche: “Gli stress test ci dicono una cosa importante: quanto a livello di capitale siamo a buon punto, ma da qui a dire che tutti i problemi siano risolti il passo è lunghissimo”. Due i problemi che Onado mette in evidenza. “C’è una questione importante che riguarda gli istituti francesi e tedeschi. L’Europa non ha ancora scelto che tipo di banca vogliamo per il futuro. È facile dire ‘mettiamo più capitale’. Ci sono grandi colossi con trilioni di euro in derivati, sono un pericolo e non c’è nessuna idea di cosa farne. Cinque anni fa almeno c’era stato la proposta di separazione tra banche commerciali e di investimento, ora quello che manca è qualsiasi discussione di riforma strutturale”. Resta poi la grande incognita della redditività. “La stagione dei tassi negativi incoraggiata dalla Banca Centrale Europea sta penalizzando da tempo gli istituti: sono gli effetti collaterali delle politiche monetarie ultra accomodanti di Francoforte”.

I problemi insomma, stress test o meno, restano sempre sul tavolo. Semmai, la gestione dei crediti deteriorati, nel caso Montepaschi, potrebbe avere messo in allarme gli altri istituti sul tasso di copertura adeguato dei non performing loans, come spiega un gestore interpellato da Radiocor: “Mps innalza il livello di copertura degli incagli al 40%, livello superiore a quello medio delle banche italiane che si attesta appena sopra il 20%. Se il 40% diventasse un benchmark, numerosi istituti dovrebbero effettuare nuovi accantonamenti e qualche banca si troverebbe di nuovo a fare i conti con aumenti di capitale”.

Secondo gli analisti di Equita, c’è un ulteriore elemento che potrebbe preoccupare gli istituti italiani. Prendendo in considerazione il cosiddetto Taxas Ratio, cioè il rapporto tra crediti deteriorati e patrimonio tangibile più gli accantonamenti, sarebbero soltanto due le banche che potrebbero essere definite al sicuro: Intesa Sanpaolo e Credem. Per tutti gli altri gli analisti vedono la necessità di un aumento di capitale. Uno shortfall “gestibile” per la popolare di Sondrio (-2,6%) e la Bper (-2,4%), mentre per Ubi si parla di in una condizione di ‘significativo shortfall in caso di scenario di crisi’. Maggiore invece l’esborso stimato per Unicredit, per cui Equita prevede un intervento per coprire una carenza d capitale da circa 4,5 miliardi di euro.

Sullo sfondo resta la partita, ancora tutt’altro che chiusa, di Mps. Al di là della positiva giornata vissuta a Piazza Affari, le incognite sulla riuscita del doppio piano messo a punto da Rocca Salimbeni – cessione di oltre nove miliardi di Npl e successivo aumento di capitale – che potrebbe completarsi non prima, nel migliore dei casi, dell’autunno, sono ancora tante. A partire dal ruolo di Atlante2, chiamata a sottoscrivere le tranche mezzanine, cioè più rischiose rispetto alle senior, dei crediti cartolarizzati ceduti da Mps per un totale di circa 1,6 miliardi di euro. All’interno delle casse di previdenza che avevano dato un via libera di massima a un contributo all’operazione, crescono però giorno dopo giorno i malumori e le defezioni. L’ultima, importante, è quella annunciata oggi da Inarcassa, l’Ente di previdenza di ingegneri e architetti, che ha spiegato di volersi sfilare dall’operazione, come già fatto nei giorni scorsi da Commercialisti e chimici. E anche la cassa di previdenza dei medici, l’Enpam, – secondo quanto riportato da Adnkronos – sarebbe orientata a non partecipare all’investimento.

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