“Pratiche commerciali scorrette, in quanto aggressive”: sono quelle che, a giudizio dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, la società ha messo in atto per recuperare propri crediti.

La condotta si è manifestata attraverso l’inoltro, in modo sistematico, di atti di citazione presso la sede di un unico giudice di pace, diversa da quella territorialmente competente per i consumatori che risiedono in altre giurisdizioni. Questi atti di citazione, inoltre, indicavano una data fittizia della prima udienza, senza che la causa fosse iscritta a ruolo.

Secondo l’Antitrust, la condotta non era volta a esercitare un legittimo diritto di recupero del credito in sede giudiziale, ma a determinare nel consumatore medio un indebito condizionamento, ingenerando così il convincimento che fosse preferibile provvedere al pagamento dell’importo richiesto piuttosto che esporsi a un contenzioso giudiziario.

Gli atti di citazione inoltrati presso una sede diversa da quella territorialmente competente sono considerati idonei, infatti, a esercitare sui destinatari una pressione psicologica, tale da condizionarne indebitamente le scelte e i comportamenti economici.