In Silicon Valley gli hedge fund stanno diventando i nuovi venture capitalist
Fatca: le banche italiane si adeguano all’Agenzia delle entrate americana cambio euro dollaro

Articolo del

Lo scrive il New York Times, sottolineando il ruolo assunto dagli hedge fund, spesso definiti fondi speculativi (anche se non tutti sono d’accordo con questa definizione), impegnati ad adottare strategie di copertura e protezione (hedge significa appunto copertura) per ridurre la volatilità dei portafogli, con l’intento di gestire il patrimonio eliminando in gran parte il rischio di mercato. La filosofia degli hedge fund è ottenere risultati di gestione positivi indipendentemente dall’andamento dei mercati finanziari in cui operano.

Negli Usa, appunto, stanno spuntando esempi di hedge fund che si lanciano nella gestione del capitale di rischio. Tiger Global, società di investimento da 20 miliardi di dollari avviata da Chase Coleman come hedge fund, è uno dei tre investitori che ha aiutato Nubank, società brasiliana di finanza digitale, a raccogliere decine di milioni di dollari.

Maverick Capital, hedge fund da 10,5 miliardi di dollari di Lee Ainslie, si sta ugualmente cimentando nel finanziamento di startup: in particolare è uno dei tre investitori in Vserv, piattaforma digitale per il mobile marketing in India e nel sudest asiatico, che ha raccolto oltre 10 milioni di dollari.

Lending Club, la più nota piattaforma internazionale per prestiti peer-to-peer tra privati, ha avuto tra gli investitori, prima della Ipo (Initial public offering) avvenuta a dicembre 2014, Coatue Management, un hedge fund e fondo di private equity.

Tutti e tre questi hedge fund hanno qualcosa in comune: fanno parte di un network soprannominato Tiger cubs, “cuccioli di Tigre”, perché hanno iniziato con Julian Robertson, un trader miliardario. I “cuccioli di Tigre” di Robertson hanno saputo seguirne l’esempio e, allontanandosi dagli investimenti in società quotate, hanno cominciato ad acquistare partecipazioni in startup non quotate.

Altre società di investimento stanno riversando decine di milioni di dollari nella Silicon Valley. Molto del denaro sta andando a company focalizzate sul fin-tech (la tecnologia abbinata alla finanza). L’anno scorso i finanziamenti per le startup del fin-tech sono più che raddoppiati, raggiungendo i 12,2 miliardi di dollari rispetto ai 5,6 miliardi del 2014, secondo un report di PricewaterhouseCoopers.

Come ha spiegato al New York Times Fiona Grandi, specialista di fin-tech in Kpmg, “c’è stata una potente ondata” di investimenti in questo settore nel 2013 da parte di hedge fund e altre società di investimento alternative. L’entusiasmo degli investitori per il fin-tech ha contribuito a far crescere le valutazioni delle società: diverse startup hanno così raggiunto lo status di “unicorni”, ovvero hanno superato la valutazione di un miliardo di dollari. “C’è grande movimento in questa area – dice Grandi – perciò non sorprende che i manager degli hedge fund vogliano capitalizzare”.

Per esempio Passport Capital, hedge fund da 4,4 miliardi di dollari guidato da John Burbank, ha effettuato decine di investimenti nelle startup hi-tech degli Stati Uniti, per esempio in CashStar, produttore di carte prepagate per retailer e ristoranti, e in Prosper, marketplace online di prestiti tra privati.

L’iniziale flusso di denaro iniettato dagli hedge fund nelle startup fin-tech della Silicon Valley è iniziato circa due anni fa, sottolinea Matthew Wong, data analyst e ricercatore in CB Insights, e si focalizzato soprattutto sulle piazze virtuali nate per prestare e prendere in prestito denaro tra privati. Ma adesso questi investimenti stanno cominciando a essere dirottati verso altre aree del fin-tech quali per esempio il settore assicurativo e i management system per le piccole e medie imprese.

In definitiva la crescente prosperità della Silicon Valley ha consentito a molti hedge fund di spostare il loro focus dalle strategie di investimento tradizionali, che negli ultimi anni avevano portato a risultati deludenti.

Ma, con così tanto denaro che affluisce in questo spazio, c’è il rischio – sostengono alcuni osservatori – che alcune società possano ottenere più credito di quanto meriterebbero. “Il fin-tech – dice Nick Shalek, partner di Ribbit Capital, una società di venture capital specializzata nella tecnologia applicata alla finanza dal 2012 –  è stato uno degli ‘oggetti più splendenti’ degli ultimi anni. Alcuni di questi investitori si spaventeranno nel prossimo anno o nei prossimi due, ma il trend principale è che le aziende stanno cambiando il modo di comportarsi e trasformando il modo in cui vengono consegnati all’utente i servizi finanziari”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI