Stand by fino a settembre del Parlamento europeo riguardo al voto sulla riforma del copyright nell’Unione Europea.

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ZLa questione, diventata di interesse generale anche in Italia dopo la presa di posizione di Wikipedia che nei giorni scorsi ha oscurato le proprie pagine in protesta contro la nuova norma, doveva essere votata oggi. Si è preferito però rinviare tutto. Sull’argomento anche l’Italia si è spaccata in due.

DIVISIONE. Da un lato le forze del governo gialloverde, dall’altro il Pd e le opposizioni: eccoli i fronti che si scontrano sulla questione della riforma del copyright. Se M5s e Lega esultano per il «bavaglio evitato», dall’altro lato della barricata il Partito Democratico parla di «falsità». L’ultima deliberazione del Parlamento europeo sul tema risale al 2001: sono trascorsi 17 anni e il web è diventato sempre più importante. Ed è proprio sul campo specifico che si scontrano i partiti in Italia, per l’esattezza sull’articolo 13 della bozza: se secondo il governo questa parte censurerebbe gli utenti in rete, per le opposizioni garantirebbe i legittimi proprietari di opere protette dal diritto d’autore. Quanto ai leader, Di Maio parla di «giorno importante», affermando che la presa di posizione del Parlamento europeo altro non sia che «il segno tangibile che finalmente qualcosa cambia: il Parlamento ha smontato l’impianto della direttiva bavaglio. Il segnale è chiaro: nessuno si deve permettere di silenziare la rete e distruggere le incredibili potenzialità che offre in termini di libertà d’espressione e sviluppo economico». Dal canto suo, l’onnipresente Salvini, alle prese con lo scandalo rimborsi, usa parole dure cantando vittoria contro un «Parlamento che voleva imbavagliare la Lega», dopo che stamattina, prima della decisione di Strasburgo, aveva dato il pieno appoggio a Wikipedia. Il leader della Lega non ha poi fatto mancare una stoccata a quelli che, secondo lui, sono i «giornali massoni telecomandati dai partiti».

LE OPPOSIZIONI NON CI STANNO. Il Pd prova a smontare le posizioni dei gialloverdi, parlando di «vere e proprie bugie» messe in circolo dalle forze del governo. Dal Nazareno ribattono punto su punto, e affermano, per bocca dei propri europarlamentari, che «non è vero che l’articolo 13 avrà in qualche modo effetti sull’intera struttura internet, ma riguarderebbe solamente le piattaforme che ospitano contenuti creativi coperti dal copyright e che ottimizzano tale materiale, facendo ingenti guadagni senza corrispondere nulla o molto poco ai titolari di diritti. Si escludono i servizi che non agiscono per scopi commerciali come Wikipedia, Dropbox e software open source». Nel partito tuttavia non mancano, come sempre verrebbe da dire, posizioni diverse, come quella dell’eurodeputato Daniele Viotti che ha annunciato il voto contrario alla direttiva. Come ultima stoccata al governo, Francesco Boccia, ex presidente della Commissione Bilancio per il Pd ha dichiarato che: «Si tratta di un segnale di civiltà che serve a tutelare gli utenti. Chi come Lega e M5s grida al bavaglio in realtà si schiera con chi fa soldi a palate grazie alla concorrenza sleale e poi magari mette i soldi nei paradisi fiscali». C’è poi anche la posizione di Forza Italia, ormai relegata ai margini di quella che fu l’alleanza di centro-destra. Gli azzurri fanno sapere tramite il proprio membro alla Commissione Cultura di Montecitorio, Patrizia Marrocco, che la normativa garantirebbe la tutela dell’industria della cultura e biasimano Salvini per non essere d’accordo nell’avere delle regole che disciplinano e tutelano il frutto del proprio lavoro.

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