Svalutare le sofferenze perché le banche possano riuscire a cederle
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I crediti non performanti sono pari a 180 miliardi di euro in totale, ossia il 9,6% di tutti i prestiti in portafoglio.

È chiaro che una tempistica ripresa dei crediti non performanti, scrive Goldman Sachs in un report sul settore, è cruciale per incominciare a operare cessioni e sostenere un percorso di consolidamento nel settore.

La domanda è vivace, ma compratori e venditori di NPS sono separati ancora da una differenza nella valutazione del prezzo del 10-20%, “che richiederebbe svalutazioni per 18 e 36 miliardi di euro” per i crediti deteriorati.

Se il progetto per una bad bank non dovesse realizzarsi, l’unica opzione per gli istituti di credito sarebbe tenere crediti detoriati in bilancio, pregando per una ripresa dell’economia.

Le banche non sono ancora pronte ad affrontare nuove svalutazioni, che finirebbero per indebolire ulteriormente il capitale dopo i 10 miliardi rastrellati solo l’anno scroso, “rendendo necessari nuovi aumenti di capitale”.

“In media le banche italiane non hanno margini per fare accantonamenti necessari affinchè i crediti vengano venduti”, dice Giovanni Bossi, AD di Banca IFIS, attiva nell’acquisto e gestione di crediti al consumo entrati in sofferenza.

“La distanza media tra il prezzo a cui le banche vogliono vendere le sofferenze e prezzo a cui fondi vogliono comprare è una percentuale in doppia cifra, almeno 10%”, aggiunge.

“Le partite deteriorate sono un asset poco liquido e molto rischioso – scrive Reuters – in un paese dove i creditori impiegano sette anni a mettere le mani sulle garanzie di un prestito”.

Basti pensar che un pignoramento di una proprietà immobiliare ci mette circa 5 anni, 4 volte di più rispetto alla media dell’area euro.

“Lo stock delle sofferenze è raddoppiato negli ultimi quattro anni a 186 miliardi di euro, in parallelo a una riduzione di analoga misura dei prestiti bancari alle società non finanziarie”.

Liberarsi dei crediti non performanti potrebbe inoltre alimentare il processo di consolidamento nel settore, secondo Goldman Sachs, che punta su una serie di operazioni di fusione e acquisizione tra le Popolari, in seguito alla riforma della governance varata dal governo.

“Ridurre il peso degli NPL che sino ad ora hanno agito come un freno – scrive la banca Usa – potrebbe essere un catalizzatore”.

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