Un investimento in Employee Benefit ha dunque un impatto positivo sui costi diretti dell’azienda
zurich

Ancora nessun commento

Dalla ricerca emerge che le imprese che registrano un alto tasso di turnover del personale, superiore al 5%, oggi si trovano a sostenere una spesa per ricerca, selezione e formazione dei nuovi assunti che incide per il 17,5% dei costi HR contro il 4,5% fatto registrare in media dalle aziende.

Per contro, per le aziende che hanno introdotto un piano di welfare, l’impatto dei costi diretti del turnover si è ridotto drasticamente attestandosi, in media, all’1,5%, oltre 4 punti percentuali in meno rispetto alle aziende che non si sono attivate in tal senso.

In particolare, la percentuale della spesa in “ricerca e selezione del personale” e in formazione dei nuovi assunti aumenta rispettivamente del 3,7% e del 5,1% nelle aziende che non offrono piani di welfare, rispetto alle aziende in cui vengono offerti benefit integrativi.

Confrontando le imprese che stanno investendo nel welfare e quelle che non lo hanno ancora fatto si rileva, invece, che la percezione del ruolo e del valore strategico del welfare aziendale è sottostimato da parte delle aziende. L’84% delle imprese che ha implementato un sistema di welfare ha riscontrato un miglioramento del clima aziendale. La percentuale scende di ben 15 punti nelle aziende che non hanno adottato politiche ad hoc. E quasi la medesima differenza di percezione si registra in tema di appartenenza all’azienda (14punti), riduzione del turnover del personale (12punti), attrattività verso i talenti (10 punti).

Analizzando le dinamiche delle imprese che hanno avviato da più tempo un pacchetto di welfare, si può notare che le società che hanno fondato il pacchetto di welfare su un sistema di ascolto e interazione diretta con i dipendenti stanno ottenendo performance migliori (il 44% prevede un 2017 in crescita), mentre quelle che hanno scelto la strada di sviluppare il sistema esclusivamente attraverso la negoziazione contrattuale appaiono più in difficoltà (il 37% prevede una crescita). Il sistema di welfare aziendale, pertanto, non può essere, per definizione, di tipo top down, ma deve necessariamente compenetrare un percorso bottom up, con un’attenta strategia di comunicazione e con l’intenzionalità di sviluppare un sistema on demand, mirato a rispondere nel modo più personalizzato possibile alle esigenze delle persone e delle loro famiglie.

Marco Allievi, Head of Corporate Life & Pensions – Zurich Global Life Italy, ha dichiarato: “Questa ricerca evidenzia la necessità di promuovere la cultura della valorizzazione del capitale umano come strumento competitivo per l’azienda e sottolinea come il welfare aziendale sia diventato un elemento di gestione strategica del personale in cui convergono gli interessi aziendali e quelli dei dipendenti. Un investimento crescente in Employee Benefit impatta in maniera significativa sui costi diretti correlati al turnover del personale e può diventare un vantaggio economico importante per le aziende; non a caso le grandi realtà internazionali si sono già mosse in questo senso. È un tema attuale per il futuro delle aziende, che potranno farne uno strumento di competitività, e anche per il mondo assicurativo, che vedrà crescere l’interesse su tali temi e dovrà essere sempre più attento a fornire soluzioni flessibili e “personalizzate”, utili a rendere il lavoro più a misura delle persone, creando valore alle aziende e alla società nel suo complesso”.

Analizzando il panorama dei servizi oggi offerti direttamente dalle aziende, emerge che – in oltre il 60% dei casi – si tratta di iniziative attuate in applicazione dei contratti di categoria, ovvero solo il 40% delle aziende interpellate ha introdotto servizi e prestazioni di welfare aziendale integrativi, con un forte divario territoriale.

Se al nord, infatti, la quota di aziende che si è dotata di un piano strutturato si attesta al 42,3%, al sud la percentuale sostanzialmente si dimezza (22%).

Forte anche il divario per classe di addetti: tra le aziende che contano più di 500 dipendenti, infatti, a fronte probabilmente di una maggiore capacità economica, la presenza di modelli di welfare integrativi sale al 51,7%, contro il 28,3% delle aziende fino a 250 addetti. Infine solo il 13% delle aziende può vantare la presenza di un sistema integrativo da oltre 10 anni.

Tra le tipologie di benefit oggi offerti dalle aziende si evince che quelli legati alla prestazione lavorativa (ticket pasto, telefoni e auto aziendali) sono i principali: sono infatti previsti nel 98% delle aziende, anche se per il 6% di queste rappresentano di fatto l’unica area di intervento. Tra le aree oggi più coperte da iniziative di welfare non tradizionali e trasversali ci sono quelle relative ai servizi assicurativi e sanitari e alla previdenza integrativa offerti rispettivamente dall’81,1% e dal 71,4% delle imprese. Nella maggioranza dei casi (circa il 60%) si tratta però di una pura applicazione delle norme e dei contratti di categoria.

Fanalino di coda i servizi per l’istruzione e la cura dei figli presenti in media solamente nel 21,1% delle aziende. Le prestazioni che coinvolgono non solo il dipendente ma anche la famiglia, sono dedicate mediamente in 9 aziende su 10 – solo ad alcune figure professionali e più tipicamente ai livelli professionali intermedi (impiegati e operai). I benefit previdenziali e assicurativi non previsti dalla contrattazione collettiva, per contro, sono ad appannaggio, in 6 aziende su 10, dei profili gerarchici più elevati, tipicamente i dirigenti.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI