United States Steel ha annunciato di voler riaprire acciaierie in America e assumere 500 persone
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Il 25% di dazi sull’acciaio importato dall’estero è motivo più che sufficiente per il conglomerato di Pittsburg per tornare a pensare “America First” e cercare di riguadagnare terreno rispetto alla concorrenza straniera.

Dieci anni fa la United States Steel Corporation era al settimo posto al mondo con 23 milioni di tonnellate di prodotto in acciaio, mentre nel 2016 è sceso al 24esimo posto a soli 14,2 milioni di tonnellate, mentre nel frattempo sono enormemente cresciuti i produttori cinesi e coreani. Con questa mossa, US Steel vuole essere pronta per quando, con dazi così pesanti e una guerra commerciale conclamata a Europa, India e Cina, il prodotto “made in Usa” avrà il grande vantaggio di un prezzo super-competitivo per soddisfare la domanda interna soprattutto dell’industria dell’auto. Nel 2015 US Steel chiuse le fabbriche dell’Illinois «in risposta a condizioni di mercato difficili, incluso un eccesso globale di capacità produttiva di acciaio e importazioni ingiuste», ha detto in queste ore l’amministratore delegato David Burritt, ma ora intende riaprirne almeno una a Granite City. Burritt, che in questo primo anno di presidenza Trump ha sollecitato più volte l’amministrazione Usa a mantenere una delle sue promesse elettorali, ha elogiato la “forte leadership” di Trump e con l’annuncio ha fatto immediatamente apprezzare del 4,5% le azioni dell’azienda quotata a Wall Street.

Nel frattempo il provvedimento di Trump avrà effetti anche sull’attività dell’acciaieria slovacca US Steel Kosice, «il più grande produttore di acciaio dell’Europa centrale», come riporta il sito stesso dell’azienda. Il portavoce ha detto che è prematuro «commentare una misura che è stata annunciata ma non ancora adottata. Ne studieremo i dettagli solo quando saranno pubblicati». Il prezzo dell’acciaio è sceso del 3,3% dopo l’annuncio del presidente Usa, scrive Pravda, ed è probabile che scenda ancora in futuro, quando la produzione della concorrenza cinese si vedrà chiudere le porte americane e si riverserà forzatamente sull’Europa. L’UE, che nel gennaio dello scorso anno aveva deciso di applicare dazi antidumping sui tubi di acciaio inossidabile cinesi (dal 30 al 64%) si prepara a una contromossa con barriere a prodotti Usa iconici (come le Harley Davidson o i jeans Levi’s).

La società di Kosice ricevette aiuti dal governo slovacco nel 2013, promettendo di tenere la proprietà della fabbrica almeno per cinque anni, cioè fino alla fine del 2018, e di mantenere invariato il livello occupazionale. La seconda parte dell’intesa è già stata in parte violata da US Steel, che negli anni scorsi ha licenziato alcune centinaia di dipendenti, ma ancora oggi l’azienda è il primo datore di lavoro nella regione, con circa 12.000 lavoratori diretti e altre migliaia che dipendono dalle imprese dell’indotto. Nel 2017 ha registrato un utile prima delle imposte di 327 milioni di dollari. Lo scorso anno, dopo anni di voci e trattative, gli americani avrebbero trovato un accordo per la cessionedell’impianto slovacco per la cifra di 1,4 miliardi di dollari ai cinesi di HeSteel Group, oggi terzo produttore di acciaio nel mondo, ma ancora non ci sono dettagli e certezze sulla transazione.

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