Collegamento funzionale: legittimità e merito di nuovo a confronto
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Cass., Sez. III Civile, n. 19522/2015

Con la pronuncia in esame i Giudici di Piazza Cavour tornano ad analizzare il tema del collegamento negoziale tra il contratto di compravendita/fornitura e quello di finanziamento, rimarcando un principio espresso ormai da tempo, secondo il quale le vicende patologiche del contratto di vendita sono destinate a riflettersi sul contratto di finanziamento, in quanto necessariamente avvinti da un collegamento funzionale.

Le conclusioni alle quali giungono gli Ermellini muovono le premesse dall’esistenza di un’unica causa economica, che consentirebbe “di qualificare in termini di collegamento negoziale la fattispecie […] a prescindere dall’esistenza dell’accordo che attribuisca al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore”.

Nel richiamare, infatti, la sentenza n. 20477 del 29 Settembre 2014, la Suprema Corte arriva a respingere la mera occasionalità del collegamento, ritenendo che il nesso tra i negozi debba considerarsi “dipendente dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trova la propria causa nell’altro sicché è la legge stessa che coordina i negozi, facendo assurgere la connessione teleologica ad elemento della fattispecie”.

Ragionando in questi termini, precisa infine la Cassazione, nel caso di specie il collegamento negoziale deve ritenersi essere ritenuto a carattere funzionale, in quanto “contratto di credito e contratto di acquisto vengono ad essere unitariamente considerati sotto il profilo giuridico (e non solo economico), onde tutelare la parte comune ai due contratti, cioè il consumatore, finanziato ed acquirente”.

Parrebbe dunque doversi ammettere che alcune delle vicende che delineano, ormai da anni, il volto delle criticità tipiche delle operazioni di credito al consumo finalizzato all’acquisto di beni o di servizi, stiano volgendo al termine.

La pronuncia in commento, tuttavia, non sembra aver raccolto riscontri favorevoli tra la giurisprudenza di merito, la quale, ancora oggi continua a seguire un tracciato differente da quello della Suprema Corte, riconoscendo al primo criterio di ermeneutica contrattuale, ossia la volontà delle parti, ancora un ruolo da protagonista nella vicenda.

Invero, a poca distanza dalla pubblicazione del provvedimento in esame, il Tribunale di Avellino, dopo un’attenta analisi della disciplina giuridica sottesa alle fattispecie contrattuali dedotte in giudizio, ha pronunciato la sentenza n. 1903 del 03.11.2015, della quale appare opportuno richiamare in questa sede uno dei passaggi significativi: “è configurabile, pertanto, la figura del contratto di finanziamento, seppur stipulato al fine dell’acquisto di un bene determinato, che sia del tutto autonomo rispetto al sottostante contratto di compravendita, per effetto di specifiche clausole contrattuali che – come nel caso di specie – producono l’assoluta autonomia delle obbligazioni nascenti dalle due negoziazioni”.

Articolo tratto da

iusletter

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