Bail-in: alla fine chi paga?
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Il 23 novembre l’esecutivo ha dato il via, con atipica celerità, al decreto salva-banche. Con esso si ritiene di poter porre fine alle sofferenze di quattro, piccole, banche (Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti), in amministrazione controllata da molto tempo e in gravissima difficoltà. «La fretta del governo è spiegabile in una maniera molto semplice: bisognava salvare le banche agendo secondo i parametri attuali; certo, stringenti quanto si vuole, ma sicuramente meno di quelli che si insedieranno a breve. Meglio turarsi il naso ora piuttosto che oltrepassare la data fatidica del 1° gennaio 2016, quando entrerà in vigore, a pieno regime, la direttiva europea del Brrd («Bank recovery and resolution directive», ndr»), ricorda il presidente Cnai Orazio Di Renzo. «Con i nuovi parametri del prossimo anno, che prevedono un bail-in assoluto, a pagare sarebbero stati tutti gli azionisti delle banche salvate, correntisti inclusi, i quali avrebbero forzosamente contribuito al soccorso; si è, invece, deciso di attuare un bail-in «nostrano», che prevede uno scotto salato per solo una parte dei risparmiatori implicati con le banche tossiche (ovvero coloro che si sono azzardati a prestare denaro a banche ad alto rischio)», commenta il presidente Di Renzo.

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