Abbiamo scavalcato il picco dell’inflazione?
I prezzi al consumo negli Stati Uniti a novembre sono aumentati meno delle aspettative più rosee degli analisti. 
Inflazione

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I prezzi al consumo negli Stati Uniti a novembre sono aumentati meno delle aspettative più rosee degli analisti. 

Se questa è davvero la tendenza, l’interrogativo adesso riguarda la Federal Reserve, ossia la sua capacità di non trascinare l’America verso la recessione, capendo che è venuto il momento di frenare la stretta sui tassi, a partire dalle decisioni che annuncerà oggi.

L’indice dei prezzi al consumo è uno dei più seguiti dalla banca centrale, perché misura quello che la gente paga per beni e servizi fondamentali. Gli analisti che volevano vedere a tutti i costi la luce in fondo al tunnel, speravano in un aumento del 7,3% a novembre, rispetto al 7,7% di ottobre. Invece l’incremento è stato del 7,1%, il minimo da un anno. È sempre troppo, ma impallidisce davanti al 9,1% di giugno. Discorso simile per il dato “core”, ossia quello che esclude i beni più volatili, che a novembre è salito del 6%.

Risultato significativo, considerando che ad agosto aveva fatto registrare il 6,6%, ossia il balzo più alto dal 1982. È calato il prezzo della benzina, quello che forse irrita di più gli americani, dalla media di 5,02 dollari per gallone a 3,25. Ma anche le auto usate, la sanità, le bollette elettriche. Il presidente Biden ha contenuto l’esultanza: «Non fraintendete, i prezzi sono ancora troppo alti». Poi, però, ha aggiunto: «Le cose stanno migliorando, vanno nella direzione giusta».

Wall Street ha reagito con un rialzo immediato, così come l’euro che si è rafforzato a quota 1,06 sul dollaro). Il rimbalzo è stato temperato nel corso della giornata, anche perché adesso diventa decisiva l’interpretazione che la Fed farà di questi dati. Tutti danno per scontato che oggi deciderà un nuovo aumento del costo del denaro, ma dello 0,5% invece dell’ormai “abituale” 0,75%. Poi però sarà ancora più importante il linguaggio usato per spiegare la scelta e la direzione futura.

Rallenterà i rialzi dei tassi nel 2023? E se si fermerà, fino a quando li lascerà così alti? Il presidente Powell ha sempre affermato che se la scelta è tra frenare l’inflazione o favorire l’atterraggio morbido, la sua priorità è il contenimento dei prezzi. Se però iniziano a calare, come dimostra il dato di ieri, il dilemma diventa fino a dove spingersi con la stretta, per non costringere il paese a soffrire una recessione non necessaria.

La Federal Reserve aveva già commesso il peccato originale di sottovalutare l’inflazione l’anno scorso, non intervenendo quando forse avrebbe potuto frenarla senza azioni drammatiche. Sbagliare è umano, ma perseverare ora con l’eccesso opposto dei rialzi inutili sarebbe diabolico.

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