Assegni non trasferibili: inammissibile la domanda di ripetizione verso la banca
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sentenza della Corte di Cassazione n. 20108/15 del 7 ottobre 2015

Il caso in commento riguarda una famosa società, che si occupa della gestione del servizio postale in Italia, la quale chiedeva la condanna di un Istituto di credito alla restituzione di una somma di denaro, pagata dalla banca, a fronte della presentazione di assegni postali non trasferibili apparentemente tratti in favore di una società e risultati successivamente contraffatti.

Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda per difetto di legittimazione della convenuta. L’impugnazione proposta veniva rigettata, da qui il ricorso per Cassazione.

Sottoposta all’esame della Suprema Corte, la fattispecie de qua, viene decisa in senso favorevole alla resistente sulla scorta delle seguenti ragioni di diritto.

La Corte di Cassazione ha evidenziato che “la questione concernente l’individuazione del soggetto tenuto alla restituzione della somma pagata, a seguito della presentazione di assegni contraffatti, non ha propriamente ad oggetto la legitimatio ad causam della convenuta, come ritenuto dai giudici di legittimità, bensì la titolarità passiva della pretesa azionata in giudizio, la cui contestazione, attenendo ai requisiti di fondatezza della domanda, è assoggettata agli oneri probatori ordinariamente incombenti alle parti”.

Nel caso che ci occupa, tali oneri sono stati adempiuti dalla convenuta avendo individuato, nella società prenditrice degli assegni, il soggetto passivo della pretesa restitutoria.

Ciò posto, gli Ermellini, pur riconoscendo in capo alla banca girataria un obbligo professionale di protezione per l’incasso di un assegno non trasferibile, dal quale discenderebbe una responsabilità contrattuale  – con conseguente obbligo di risarcimento del danno – in caso di violazione delle regole specifiche poste dall’art 43 del regio decreto n. 1669 del 1993 (ex plurimis Cass. Sez. Un., 26 giugno 2007 n. 14712 e Cass. Sez. III, 22 maggio 2015 n. 10534), non hanno tuttavia ritenuto responsabile l’Istituto di credito proprio a fronte di una errata individuazione della domanda giudiziale.

Sostanzialmente la Corte ha evidenziato come la Banca non sia stata condannata al pagamento della somma portata dall’assegno perché l’attrice ha azionato una domanda di ripetizione dell’indebito, rispetto alla quale può ritenersi legittimato esclusivamente il soggetto che, in qualità di girante per l’incasso, ha ricevuto il pagamento per il tramite della girataria, mentre avrebbe dovuto proporre un’azione di risarcimento dei danni, in ordine alla quale avrebbe potuto riconoscersi la legittimazione passiva della Banca.

Infine, la Corte si è espressa altresì in merito ad un altro aspetto oggetto di ricorso, ovvero la qualifica o meno di titolo di credito di un assegno contraffatto.

Sul punto i giudici di legittimità, nell’escludere la legittimazione della Banca, in qualità di delegata della cliente, hanno evidenziato che “la contraffazione degli assegni non impedisce di qualificarli come titoli, e di conseguenza, deve ritenersi applicabile anche nei loro confronti la speciale disciplina di cui al regio decreto n. 1669 del 1933”.

Articolo tratto da

iusletter

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