Banca Carige, tutti gli uomini di Castelbarco

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Genova O ra che la governance di Banca Carige è completata con la nomina dell’ad Piero Montani, si può considerare chiuso il primo capitolo della nuova storia del gruppo genovese. Appartengono ormai al passato Giovanni Berneschi, al vertice della banca per un quarto di secolo, ma anche Flavio Repetto, il cavaliere della finanza ligure disarcionato dalla maggioranza dei consiglieri della Fondazione. Aria nuova, insomma, dentro a Carige. E ad aprire le finestre che danno sulla centralissima piazza De Ferrari è stato chiamato addirittura un principe, Cesare Castelbarco Albani, console onorario del Granducato del Lussemburgo, uomo di finanza e di shipping, da sempre elemento di raccordo fra l’imprenditoria genovese e la finanza milanese, graditissimo a Mediobanca e buon amico di Gerardo Braggiotti, ad e fondatore di Banca Leonardo, di Pierfrancesco Saviotti, ad del Banco Popolare, così come del presidente del Monte dei Paschi Alessandro Profumo e del petroliere e presidente dell’Inter Massimo Moratti. In effetti, è proprio la fede nerazzurra a unire tutti questi personaggi, una sorta di lobby degli interisti che a Milano ha un peso specifico molto alto. Non è invece una questione di fede calcistica quanto di sintonia strategica l’amicizia con l’ex presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. Quando Montezemolo dà vita a Italia Futura, Castelbarco è fra i primi a rispondere all’appello. Ma il principe è altrettanto sollecito a mettersi

da parte quando il movimento d’opinione che Montezemolo aveva creato sceglie la strada politica, confluendo in Scelta Civica. Comunque sia, se l’obiettivo è quello di tirar fuori al più presto Carige dalle secche, un uomo di mare potrebbe essere la persona giusta. Perché è proprio il mare, in sostanza, a legare Genova a Castelbarco (e viceversa). Sessant’anni, figlio del principe Carlo, a lungo presidente della Reale Mutua Assicurazioni e per trent’anni sindaco di Casciago, in provincia di Varese, e della marchesa Laura Gropallo della Sforzesca, Cesare Castelbarco impara a dividersi presto fra Genova e Milano. All’ombra della Lanterna, nella tenuta di famiglia della Villa Lo Zerbino, studia dai gesuiti dell’istituto Arecco e si laurea in Economia e Commercio. Poi una piccola parentesi in Sardegna, dove il padre lo manda a occuparsi di una miniera di florite, prima di iniziare a occuparsi di finanza. Per sei anni, infatti, Castelbarco lavora a Milano alla Fiduciaria dell’Istituto Centrale di Banche e Banchieri, un istituto che rappresenta le banche private. Nel suo destino, però, ci sono Genova e il suo porto. Proprietario dell’agenzia marittima Prosper, infatti, Castelbarco segue la parte commerciale dividendosi fra Milano e Genova. Le banchine del porto diventano la sua vita, gli operatori dello scalo si rivolgono a lui per le sue capacità di mediazione e di dialogo. Porta infatti la sua firma lo storico accordo che negli anni Novanta i privati firmano con l’allora console dei camalli Paride Batini nella società “Multipurpose” che Castelbarco è chiamato a presiedere. Inizia qui l’ascesa nelle società partecipate della Regione Liguria, prima Sviluppo Genova, poi la Filse. Al timone della Regione c’è Sandro Biasotti, a capo di una giunta di centrodestra che Castelbarco conosce però per la sua attività di autotrasportatore del porto. L’incarico in Filse termina con la sconfitta di Biasotti e la nomina di Claudio Burlando, esponente di spicco del Pd. Ma gli incarichi genovesi non si fermano e per Castelbarco arriva anche la chiamata di Carige. Sono i soci francesi di Bpce a indicarlo come proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione. Ma il principe siede anche in altri consigli, in quello di Banca Leonardo, chiamato da Braggiotti, e nell’Italiana Assicurazioni, che fa capo alla Reale Mutua. Il decreto “Salva Italia” del 2012 gli impone però di scegliere fra un solo cda e lui opta per Carige. Quando a fine luglio 2013 la situazione in banca precipita e quattro consiglieri indicati dalla Fondazione (su sette) rassegnano le dimissioni, Castelbarco si schiera con loro. Passano due giorni e si dimettono altri tre rappresentanti dei soci francesi. Il totale è otto, cioè la maggioranza del cda che quindi decade. Nella nuova lista dei consiglieri della Fondazione spariscono Berneschi e il suo vice Sandro Scajola, ma al primo posto spunta il nome di Castelbarco, che già era stato chiamato alla guida di Carige Italia. Nominato a fine settembre, chiede un mese di tempo per la nomina del nuovo ad. Due giorni prima della scadenza annuncia la scelta di Piero Montani, anch’egli genovese, che a Milano ha fatto carriera fino alla leadership della Popolare.

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