Banca Leonardo in dubbio: quotazione in Borsa o alleanza strategica?

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Dopo una profonda trasformazione che ha visto l’istituto fondato da Gerardo Braggiotti focalizzarsi sempre più sulle attività di wealth management, secondo indiscrezioni, si sarebbe ormai vicini a una svolta. Tanto più che proprio nel mezzo della scorsa estate il presidente Braggiotti ha deciso di trasformare le azioni di tipo B in azioni ordinarie, uniformando il capitale tra diritti patrimoniali e diritti societari. Si tratta di circa il 10% del capitale ordinario. Un pacchetto che, appunto, potrebbe essere utilizzato nell’ambito di una operazione con un altro gruppo del settore. In passato si è parlato di un possibile interesse per Esperia, ma non ci sono conferme in tal senso. Allo stato attuale la banca sta proseguendo in quel processo di focalizzazione sul private banking: stando a indiscrezioni, entro la fine dell’anno potrebbe concretizzarsi la cessione dell’attività di advisory. In proposito i colloqui sarebbero in fase avanzata con Houlihan Lokey. L’operazione, nell’ordine di qualche decina di milioni, risponderebbe essenzialmente a ragioni regolamentari e alla necessità di avere una identità più forte nel segmento del wealth management che continua a registrare interessanti tassi di crescita.
A questo punto, per il banchiere Gerardo Braggiotti si apre la fase più delicata: decidere il futuro della creatura da lui fondata. Questo con alle spalle un nucleo di soci stabili e coesi (i principali sono il gruppo Frere, Eurazeo e Exor) che finora ha già ampiamente recuperato quanto investito: negli ultimi 3 anni la banca ha distribuito costantemente dividendi nell’ordine di una trentina di milioni l’anno. Il risultato è che a fronte di un investimento da parte degli azionisti di 860 milioni nel 2006, finora la banca ne ha restituiti circa il 90%. E questo escludendo il valore delle azioni ancora in loro possesso. Nello stesso periodo l’indice di riferimento del settore bancario italiano ha registrato una performance negativa di oltre il 50%.
E’ probabile che quest’anno la distribuzione possa essere più ricca rispetto al passato. Il gruppo, infatti, continua a macinare utili e vanta un capitale in eccesso di circa 100 milioni di euro. Proprio oggi il consiglio di amministrazione ha alzato il velo sulla relazione semestrale che ha evidenziato un utile di circa 20 milioni che si confronta con il risultato di 1,2 milioni di un anno prima. Sul risultato hanno inciso da un lato i 45 milioni di capital gain legati alla cessione della quota in Dnca, dall’altro voci negative straordinarie per oltre 30 milioni, prevalentemente relative alla svalutazione di avviamenti attribuiti a società di advisory acquisite prima della crisi del 2007/2008. Al 30 giugno il Common Equity Tier 1 ratio è pari al 25% circa, senza considerare l’utile netto di periodo. A livello di divisioni, cresce la raccolta nell’area Wealth Management che ha raggiunto circa quota 8,0 miliardi, di cui 6,3 miliardi in Italia e 1,7 miliardi in Francia. Anche la filiale francese Banque Leonardo oggi guidata da Michel Cicurel e Marc Levy è in una fase di forte crescita. È destinata invece a essere fortemente ridimensionata l’attività di finanza proprietaria. «Siamo in una fase di rifocalizzazione sul wealth management. Il processo, partito due anni fa, può dirsi in via di accelerazione», ha dichiarato al Sole24 Ore Claudio Moro, amministratore delegato di Banca Leonardo, «la nostra strategia si muove lungo due direttrici principali. Da un lato prosegue la crescita per linee interne: abbiamo aperto a Padova un negozio finanziario ed entro fine anno puntiamo ad assumere ulteriori risorse. Dall’altro valuteremo possibili opzioni esterne, sia tramite alleanze con altri gruppi che attraverso acquisizioni di piccole realtà, attenti però a non modificare il nostro modello di operatore indipendente e senza conflitti di interesse».

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