Banche, Abi: nuova organizzazione e redditività sfida epocale in Ue

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Il difficile contesto macroeconomico, che si riflette nella permanenza di condizioni critiche nel mercato del lavoro, nel deterioramento della qualità delle attività bancarie, nel crollo della domanda di credito e nella contrazione dei margini di ricavo, pone le tradizionali banche commerciali italiane di fronte a una drammatica caduta di redditività. Su questo scenario pesano le pressanti richieste del regolatore europeo per l’incremento della dotazione patrimoniale delle banche e la crescente penalizzazione a carico del settore bancario nazionale indotta dalla normativa fiscale italiana per esigenze straordinarie di gettito, con riflessi sull’intera economia. Questa la sintesi della ventunesima edizione del Rapporto Abi 2013 sul mercato del lavoro nell’industria finanziariapresentato a Roma dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Alla vigilia dell’Unione bancaria, spiegano da Palazzo Altieri, non si tratta certo di premesse ottimali per favorire il necessario processo di riallineamento dei livelli di redditività sui valori medi europei, decisivo affinché il mondo  bancario possa continuare a esercitare la sua primaria funzione di sostegno all’economia reale. Il peggioramento dell’attività economica rilevato nel 2012 ha avuto importanti ripercussioni sulle condizioni del mercato del lavoro in tutti i settori industriali. Nel  credito, in un quadro in cui si conferma la crescita della qualità professionale degli impiegati (con il 35,9 per cento di laureati), l’aumento del personale femminile (44 per cento sul complesso dei dipendenti) e l’elevata incidenza dei contratti a tempo indeterminato (pari al 98 per cento compresi gli apprendisti), i dati mostrano una contrazione occupazionale nel biennio 2011-2012 dell’1,7 per cento.

Lo stretto legame tra andamento del ciclo economico e modello tradizionale di business si riflette per le banche italiane in crescenti difficoltà a tutti i livelli del conto economico, emerge ancora dal Rapporto Abi. In particolare, di fronte alle pervasive innovazioni tecnologiche che stanno mutando l’organizzazione del lavoro e dei processi produttivi, la struttura dei costi risulta ancora inadeguata e penalizzante nel confronto europeo. L’analisi del posizionamento dei mercati bancari europei, realizzata sulla base dei dati di bilancio di un campione di 129 gruppi bancari, evidenzia che il costo medio per dipendente dei gruppi bancari italiani, espresso a parità di potere di acquisto, a fine 2012 era ancora di circa il 17 per cento più elevato di quello dei gruppi bancari europei (75 mila euro rispetto a 64 mila euro). Sotto altra prospettiva, il rapporto tra costo del lavoro e margine di intermediazione supera di circa 4,6 punti percentuali la media Ue (40,6 per cento contro 36 per cento), e sale fino a circa 7 punti percentuali nel confronto con la media dei 5 principali mercati europei – Francia, Germania, Olanda, Spagna e UK – dove è pari a 33,2 per cento. Focalizzando il confronto sulle sole banche regionali europee, intermediari finanziari che operano in prevalenza nell’ambito dei confini nazionali, il gap in termini di costo medio per dipendente dei gruppi bancari italiani rispetto alla media risulta ancora più marcato e pari al 35 per cento.

Analogamente,  il differenziale  in termini di ricavi assorbiti del costo del lavoro sale a oltre 5 punti percentuali rispetto alla media e a oltre 11 punti rispetto alla media dei principali mercati dove sono presenti banche regionali, Francia, Germania, Spagna e Uk. In questo quadro, è indispensabile, quindi, avviare e favorire un’importante trasformazione sia del contesto esterno, per promuovere un rilancio del mercato del credito, sia del settore bancario. Quanto al primo aspetto, è auspicabile che il governo rafforzi le misure dirette e indirette a sostegno del mercato bancario e della sua operatività e, più in generale, è decisivo che gli interventi normativi, nazionali e internazionali, non siano penalizzanti, come è invece spesso accaduto in passato. Un terreno di gioco livellato è la priorità in vista dell’Unione bancaria per una reale diminuzione della frammentazione dei mercati finanziari dell’area dell’euro. In quest’ottica, assume grande rilievo la disciplina del Fondo di solidarietà, che dalla sua costituzione ad oggi, ha gestito – a carico delle banche e del sistema e dunque senza onere per le finanze pubbliche – circa 48mila prestazioni straordinarie di accompagnamento alla pensione e, al momento, ha in carico l’erogazione di circa 15mila assegni. Quanto al secondo aspetto – relativo alle trasformazioni del settore bancario – un significativo recupero di redditività e di produttività presuppone una semplificazione delle strutture produttive e organizzative, una maggiore flessibilità dell’organizzazione aziendale, un più intenso utilizzo degli impianti produttivi e, a questi fini, riqualificazione professionale e mobilità, sia funzionale sia territoriale, accompagnati da moderazione salariale e relazioni industriali adeguate alle sfide. In tal senso, il complesso della comunità bancaria (management, lavoratori, sindacati) deve farsi cosciente del momento di svolta di fronte al quale tutti ci troviamo nella consapevolezza che l’eventuale fallimento del processo di riallineamento sui valori medi europei dell’incidenza della struttura dei costi renderà complesso per le banche italiane continuare ad esercitare la loro primaria funzione di sostegno a famiglie e imprese.

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