Banche In sei mesi 2 miliardi di utili

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Due miliardi di euro di utili netti nei primi sei mesi dell’anno. La crisi è tutt’altro che finita e le banche italiane nel loro complesso lo sanno bene, prese come sono dalla profonda revisione degli attivi imposta dalla Banca centrale europea e con gli stress test i cui esiti si conosceranno solamente nella seconda metà di ottobre. Ma il consuntivo dell’attività nei primi sei mesi del 2014 si presenta, nell’insieme costituito da 12 tra le prime banche italiane quotate — sono state escluse dall’analisi di CorrierEconomia le due grandi popolari non quotate, la Vicenza e Veneto Banca, i cui risultati sono apparsi sul Corriere della Sera del 30 agosto — complessivamente soddisfacente.
Il calcolo
In totale sono stati prodotti 2,026 miliardi di utili netti, più di tre volte rispetto a quanto si era realizzato nei primi sei mesi del 2013, quando erano 661 milioni. Ovviamente la media di un gruppo tanto eterogeneo di istituti di credito può portare a distorsioni interpretative.
Il rischio del «pollo di Trilussa» è sempre in agguato, così è opportuno andare in profondità. Guardando in trasparenza i bilanci delle semestrali si vede come le banche più grandi la facciano da padrone. Su 2.026 milioni di utili netti, 1.164 arrivano da Unicredit (57,45 per cento) e 720 milioni da Intesa Sanpaolo (35,53 per cento).
Ovvero, le due corazzate del sistema Italia valgono da sole 1.884 milioni di utili, il 93 per cento dell’intero sistema. Il Monte dei Paschi di Siena, terza struttura bancaria del Paese, ha archiviato il semestre con 353 milioni di perdite (erano 380 milioni nello stesso periodo del 2013), così come ancora in rosso è finita Carige, 45 milioni quest’anno, 595 milioni lo scorso. Sono invece tornate in bonis la Bper, 36 milioni contro una perdita di 21 e il Banco di Desio (31 di utile contro 4 di perdita).
Soprattutto, la prima metà dell’anno ha spinto in alto il risultato di Ubi e della Popolare di Milano. Ubi ha raddoppiato il risultato rispetto al 2013, portandolo a 106 milioni da 53, mente Bpm è arrivata a 191 milioni dai 105 precedenti.
L’attenzione è però già spostata sulla seconda parte dell’anno, anche perché, come ha scritto CorrierEconomia lunedì scorso, il taglio dei tassi effettuato dalla Bce porterà a una compressione dei ricavi da commissioni nette, per uno «smottamento» del livello del margine di intermediazione, una delle voci caratteristiche del bilancio bancario. La dinamica del costo del denaro e la prolungata crisi economica impongono una profonda revisione del modello di business , oltre a una riduzione dei costi.
Il peso dello «spread»
Il primo semestre dell’anno ha portato risultati tanto brillanti soprattutto per le consistenti attività di trading , soprattutto sui titoli di stato italiani. Le banche che avevano i cassetti pieni di Btp, hanno potuto beneficiare dell’apprezzamento dei titoli legato alla discesa dello spread rispetto ai Bund tedeschi, collocandoli sul mercato e lucrando ampi margini. Ma sono operazioni non più ripetibili. Così, alla luce delle prossime decisioni della Bce, si renderanno non rinviabili decisioni forti (vedi articolo nella pagina a fianco). Soprattutto, appare evidente che a un’ulteriore contrazione sul fronte delle spese, con probabili operazioni di consolidamento ed esternalizzazione dei servizi, dovrà affiancarsi una revisione del modello di business e delle voci di entrata. Più servizi ad elevato valore aggiunto, investimento in tecnologie capaci di svolgere i lavori di routine, quale banalmente è diventato parte del servizio di cassa e maggiore attenzione alle dinamiche commerciali e consulenziali, dove andranno probabilmente ad annidarsi i ricavi di domani. Un passo in questa direzione lo ha annunciato il Credem di Adolfo Bizzocchi, che assumerà da qui a fine anno 100 giovani da avviare ai percorsi commerciali. Un segnale netto che verrà ripetuto da altri istituti.
Su tutte le strategie di possibile sviluppo e di intercettazione dei segnali di crescita da parte delle banche grava però la massa di crediti in sofferenza che, secondo gli ultimi dati lordi resi disponibili dall’Abi, ammontano a 172 miliardi di euro. Una massa di prestiti che non viene restituita e che appesantisce i bilanci degli istituti di credito. Tra ipotesi di Bad bank e di cessione di Npl (non performing loans ) — Unicredit la scorsa settimana ha cartolarizzato crediti per 1,3 miliardi, Mps è prossima a un accordo per 1,1 miliardi di Npl — il futuro appare ancora tutto da decidere. Nonostante i due miliardi di utili netti portati a casa nella prima parte dell’anno, che dovrebbero contribuire a garantire una cedola ai soci nella prossima primavera.

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