Banche, le azioni per la crescita

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La crisi economica e i suoi effetti sugli investimenti delle imprese restano sotto i riflettori, mentre vengono sottovalutati gli sforzi delle banche, con varie iniziative e moratorie, a favore delle Pmi e delle famiglie. Secondo il direttore generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, bisogna che la politica faccia di più su crescita e sviluppo per favorire la domanda di credito. E, mentre dà il benvenuto alla vigilanza bancaria europea, non risparmia critiche al regime fiscale (addizionale Ires) che grava in misura smisurata sul sistema bancario italiano.

Non sembra passato un anno dall’ultimo Forex ma il tema della difficoltà dell’accesso al credito mantiene la sua centralità nel dibattito economico. Non state facendo abbastanza?

Le banche stanno svolgendo un’azione fondamentale per imprese e famiglie, di fronte a un’insufficiente dinamica della crescita interna. Ma si confrontano con una forte contrazione degli investimenti e, di conseguenza, della domanda di credito, che condiziona l’andamento degli impieghi. E compiono questo sforzo in un quadro di scarsa redditività e di risorse limitate. È quindi necessario creare nuove condizioni e occasioni perché si possa tornare a fare prestiti per nuovi investimenti produttivi. È dunque fuori logica ridurre la portata di una prolungata crisi economica, che continua a far sentire i suoi effetti sul Paese, alla questione ‘credito sì, credito no’.

Tuttavia la mancanza di credito non è esente da responsabilità sullo scenario generale di crisi.

Istituti e imprese condividono un destino comune, si trainano a vicenda, e nella crisi soffrono allo stesso modo. In questo senso, l’erogazione creditizia fa i conti con la bassa domanda per investimenti e, dal lato dell’offerta, dell’elevato rischio di credito e della pressione della recessione sui bilanci delle banche. Una costante degli ultimi anni che pesa sugli istituti per 150 miliardi di sofferenze lorde. Nonostante ciò evidenzio il rallentamento in dicembre della caduta dei prestiti bancari a famiglie e imprese, pari al -3,4 contro il -4,5 del mese precedente. In termini assoluti parliamo di 1.424 miliardi di euro contro i 1.419 miliardi del novembre 2013. Non vorrei parlare di inversione di tendenza, ma attendiamo i dati su fatturato e ordinativi dei prossimi due mesi con eventuali effetti sui finanziamenti. E nel frattempo proseguono iniziative uniche nel panorama europeo.

A cosa si riferisce?

Ammontano a oltre 119 miliardi di euro le quote di debito residuo sospese a Pmi e famiglie, dal 2009 a oggi, con le varie moratorie sulle rate dei finanziamenti per affrontare il protrarsi della crisi. A questo vanno aggiunti i dati in via di elaborazione dell’Accordo per il credito 2013, tra l’ABI e le altre Associazioni di impresa e operativo dal settembre 2013, i 3 miliardi del plafond Progetti Investimenti Italia, previsto nello stesso accordo per il 2013 e anche le risorse movimentate con recenti convenzioni tra ABI e CDP su finanziamenti agevolati per lo sviluppo e mutui casa. Il frutto concreto di un grande spirito di collaborazione tra banche, istituzioni, settori produttivi e i consumatori.

Con l’avvio della vigilanza bancaria europea cosa cambia?

È un passo fondamentale nella costruzione dell’Europa. Le banche italiane metteranno in campo la loro solidità attraverso il completamento dei processi di ristrutturazione e patrimonializzazione. Si tratta di un passaggio storico, che insieme a Basilea 3, fissa e riafferma la possibilità di credito sano e redditizio solo di fronte al rispetto di regole di trasparenza e legalità fiscale da parte delle imprese. Inoltre è un importante risultato che per il mondo bancario italiano: significa risolvere le disparità competitive che derivano dalla presenza di diversi approcci di vigilanza nell’ambito del mercato unico dei servizi finanziari.

Cosa dovrebbe fare la politica per rilanciare la crescita?

Occorre innanzitutto una stabilità istituzionale come premessa di quelle necessarie riforme e azioni da avviare urgentemente. Mi riferisco ai tagli alla spesa pubblica e, anche, a privatizzazioni, dismissioni, fiscalità e regolamentazione. Servono ambiziose e coraggiose strategie di riforma che alimentino un rinnovato clima di fiducia, altrimenti la mancata crescita dell’economia resterà a lungo uno dei principali problemi con cui confrontarci. Con il risultato di un’ulteriore perdita di competitività internazionale e, soprattutto, di posti di lavoro.

E per le banche cosa chiedete?

Riteniamo ingiustificabile e insostenibile il regime fiscale sulle banche che si esplica in una smisurata distorsione nella normativa italiana, penalizzando l’erogazione del credito. A tal proposito, l’introduzione dell’addizionale dell’8,5% sull’Ires 2013 è un’aliquota spaventosa che peserà su tutto il sistema produttivo. Questa dannosa novità va ad aggiungersi all’anticipazione di liquidità del 130% dell’Ires stessa allo Stato, sottraendo risorse alle banche e quindi all’economia.
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