Bisogna considerare nuove tecniche di costruzione del portafoglio
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Tre italiani su quattro (72%) – fonte Natixis Global Asset Management, Global Survey of Individual Investors, aprile 2015 – ritengono, infatti, che la classica allocation 60 azioni/40 obbligazioni non costituisca più il modo migliore per ottenere rendimenti e gestire il rischio.
Tra gli strumenti che possono aiutare consulenti e investitori ad aumentare la diversificazione, a meglio controllare i rischi, gestire la volatilità e aggiungere nuove fonti di rendimento vi sono le strategie non tradizionali e gli investimenti alternativi e non correlati, come ad esempio metodologie volte al contenimento della volatilità o gestite con specifici budget di rischio, strategie total return o absolute return. Un tema su cui però manca ancora un’adeguata conoscenza e consapevolezza da parte degli investitori.

 

Sul concetto di investimento alternativo i risparmiatori sono spesso confusi e nutrono errate convinzioni che li portano ad avere timore per tutto ciò che fa riferimento ad “alternativo”. Le passate crisi finanziarie, gli eventi del 2008, i vari scandali e frodi finanziarie, hanno portato molti ad associare il termine “alternativo” con “rischioso”. Ecco quindi che il 66% dei promotori e consulenti finanziari dichiara che per i loro clienti gli investimenti non tradizionali e le tecniche di gestione alternative sono più rischiosi della maggior parte degli altri investimenti (indagine ITForum – Natixis Global Asset Management su promotori e consulenti finanziari, maggio 2015).
In realtà, gli investimenti alternativi possono essere un modo per gestire meglio il rischio e limitare la volatilitàdel portafoglio. Il termine “alternativo” abbraccia l’ampio universo delle metodologie di investimento non tradizionali e degli investimenti non correlati con le principali asset class.
C’è spazio, quindi, per promotori e consulenti finanziari per avviare una nuova conversazione su questa tipologia di investimenti. Le nostre ricerche confermano, infatti, che gli investitori prenderebbero in considerazione approcci e strategie alternative se fosse il proprio consulente a proporlo. E ancora, di fronte alla domanda su cosa chiedono maggiormente ai propri consulenti, l’82% dei risparmiatori italiani dichiara di essere alla ricerca di strategie che possano aiutarli a proteggere meglio i loro portafogli dai mercati volatili, l’87% mira a diversificare i rischi e l’83% cerca investimenti in grado di generare fonti di rendimento nuove e durevoli1. Obiettivi questi che le strategie alternative possono aiutare a raggiungere.

Per instaurare una nuova conversazione su questa tema, a mio avviso bisogna partire ancora una volta dai concetti di rischio e rendimento:
• sappiamo che gli italiani sono affezionati ai titoli di stato governativi, ma gli investitori sono realmente consapevoli che i livelli di rendimento sono ai minimi e che dovrebbero considerare altre asset class se vogliono ottenere ritorni?
• il livello di rischio dei loro portafogli è adeguato al rendimento atteso e agli obiettivi che si sono prefissati?
• i tassi di interesse sono in discesa ormai da tempo, ma i portafogli sono pronti per un possibile rialzo dei tassi? I clienti sono veramente consapevoli dei rischi di perdite associati a tassi in aumento?
• i portafogli sono costruiti in modo adeguato per affrontare diversi scenari di mercato?

Rispondere a questi interrogativi può aprire tra consulente e cliente una nuova conversazione che li porti a considerare un più ampio ventaglio di strategie e modelli di investimento e a meglio comprendere il reale contributo che ogni tipologia di investimento alternativo può portare al portafoglio. I professionisti della consulenza dovrebbero quindi spiegare non solo “cosa” sono gli investimenti alternativi e il rischio associato a essi, ma anche “perché” i clienti possono prenderli in considerazione.

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