La tanto attesa ripresa delle borse Europee è in atto
borsa italiana

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Abbiamo già evidenziato in passato quali sono i tre rischi più noti per l’azionario europeo, ovvero la Grecia e i disordini all’interno dell’Eurozona, i tassi d’interesse statunitensi e una possibile atterraggio brusco della Cina.
Per quanto riguarda la crisi greca, grazie all’accordo di salvataggio raggiunto di recente, si può tirare un certo sospiro di sollievo: nonostante alcune questioni rimangano ancora irrisolte, c’è una chiara determinazione da parte di entrambe le parti a raggiungere un accordo.
Per ciò che concerne la volta del ciclo dei tassi di interesse negli Stati Uniti, non si è mai assistito a così tanta copertura e attesa mediatica circa le prossime manovre della Federal Reserve: crediamo quindi che il cambio di politica monetaria sia probabilmente già scontato dai mercati. Ad ogni modo, negli ultimi 25 anni il mercato azionario a stelle e strisce ha sempre risposto negativamente all’aumento dei tassi di interesse in una prima fase, tuttavia tale reazione è stata provvisoria e si è ribaltata nell’arco di sei mesi in quanto lo stato di salute dell’economia e gli utili societari sono diventati i fattori trainanti.

Il rallentamento della Cina è stato inevitabile, tuttavia l’intensità del rallentamento è una questione ancora ampiamente discussa ed è il motivo della recente volatilità del mercato. Riconosciamo che la Cina ha attraversato una fase di forte espansione guidata dal governo e alimentata dal credito, focalizzata su investimenti e infrastrutture. Il gigante asiatico deve ora andare verso un’economia trainata dai consumi e le autorità devono assicurarsi che questo ribilanciamento avvenga senza un crollo economico.
La recente volatilità dei mercati è stata causata dai timori che le autorità cinesi non riusciranno ad affrontare questa transizione e di conseguenza il target di crescita del Pil del 7% non sarà raggiunto. Ci sono state una serie di politiche sbagliate, come tentare di far crescere artificialmente la Borsa, cosa che, insieme a deludenti dati manifatturieri che mostrano un rallentamento peggiore delle attese, ha danneggiato la fiducia degli investitori internazionali.

Sfortunatamente la nostra capacità di predire le politiche cinesi è molto limitata; nonostante questo sappiamo che circa il 10% dei beni esportati dall’Europa va in Cina, e che circa il 70% di essi è relativo ai settori dei macchinari, dei trasporti e della chimica. Sebbene la crescita dell’export in Cina sia stata del 9,8% all’anno dal 2010 al 2014, il valore assoluto equivale a 165 miliardi di euro, esiguo se comparato al valore dell’interscambio intra-EU, pari circa a 2.800 miliardi di euro.
La nostra convinzione è che la tanto attesa ripresa in Europa sia in atto e, mentre alcuni settori specifici risentiranno del rallentamento cinese, lo slancio dell’economia continuerà grazie all’espansione del credito, le riforme strutturali, la miglior fiducia delle imprese e un incremento dei consumi.
Ci sono voluti sette anni affinché un’economia come quella dell’Eurozona superasse i livelli raggiunti nel 2008. Le esportazioni verso la Cina hanno aiutato a prevenire una recessione persino peggiore durante gli anni della crisi, ma adesso il motore di crescita interno, molto più importante, assicurerà che l’economia europea possa espandersi nonostante l’attuale situazione cinese.

Dal punto di vista di portafoglio, privilegiamo in particolar modo le imprese il cui business è focalizzato nell’economia europea. I titoli azionari orientati verso il mercato europeo stanno registrando revisioni degli utili per azione migliori rispetto ai titoli di società orientate alle esportazioni, ma in media scambiano a uno sconto sostanziale.

Sebbene a nostro avviso la ripresa europea sia sulla buona strada e l’impatto della Cina dovrebbe essere limitato, siamo consapevoli che la pressione deflazionistica derivante dalle materie prime e dalle importazioniprobabilmente si farà sentire sulle aspettative inflazionistiche. Inoltre, le continue svalutazioni nei mercati emergenti ridurranno la competitività relativa dell’euro.
Tali questioni potrebbero primo o poi richiedere una risposta politica da parte della Banca Centrale Europea, tuttavia crediamo che per i prossimi 12 mesi l’azionario europeo offra quasi un “porto sicuro”, se paragonato ad altri mercati. Per questo, incoraggiamo gli investitori a usare la debolezza dei mercati per aumentare la loroesposizione alla ripresa.

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