Carige Berneschi e il testamento misterioso che vale 35 milioni

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«Caro figlio, ti scrivo queste mie volontà, o meglio, queste nostre volontà (tua madre ed io) …».
E’ il testamento che l’ex numero uno di Banca Carige, Giovanni Berneschi, scrisse di suo pugno nove anni fa. Poi molta acqua è passata sotto i ponti e altri milioni di euro hanno varcato il confine, ma questo documento svela molti segreti. L’elenco dei beni che l’ex banchiere lascia in eredità raggiunge, alla data dello scritto, una cifra notevole: 35 milioni di euro tra immobili, soldi in Svizzera e quote azionarie.
E spunta a sorpresa il «9-10% Italbrokers (quote più crediti)», un broker assicurativo genovese (Ital Brokers) leader di mercato e con una fitta rete di relazioni politiche (Massimo D’Alema e Claudio Burlando su tutti) e istituzionali, anche con il Palazzo di Giustizia genovese fino a tempi recenti. È una traccia molto intrigante, non emersa dalle carte dell’inchiesta, che porta a due sigle svizzere: Ulises e Omerus. Berneschi dietro la prima e probabilmente Ferdinando Menconi, l’ex capo delle assicurazioni Carige e suo socio in affari sporchi, dietro l’altra. Ciascuno deteneva in modo occulto il 9,5% del capitale di uno dei principali broker assicurativi italiani.
«I soldi? Una vita di risparmi — ha sostenuto in un interrogatorio l’ex banchiere —. Ho sempre vissuto come un impiegato, come un francescano». Il documento, scritto a penna, datato 1 gennaio 2005 e firmato in ogni pagina anche dalla moglie, è agli atti dell’inchiesta genovese per la presunta maxi truffa ai danni del gruppo Carige. Berneschi l’avrebbe consegnato per dimostrare che lui i milioni in Svizzera, poi scudati, li aveva da molti anni, «i risparmi di una vita», appunto, «ben investiti».
I pm contestano alla cosiddetta «banda Berneschi» l’attività fraudolenta (riciclaggio e associazione a delinquere finalizzata alla truffa) a partire dal 2006 quando alcune compravendite-truffa di società immobiliari, con controparte Carige, avrebbero prodotto plusvalenze poi utilizzate anche per acquistare l’ hotel Holiday Inn di Lugano (che infatti non compare tra gli immobili elencati nel testamento). Quasi sette milioni di quei fondi neri, però, sarebbero stati inghiottiti da una società panamense, la Goldblum, una specie di fantasma di cui non si sa nulla.
Alberto, il figlio erede, è stato intercettato pochi mesi fa a colloquio con la moglie, Francesca Amisano, in carcere: «E’ un pazzo — aveva detto riferendosi al padre — rubava, rubava, mica solo due milioni di euro». «Vi prego — scriveva nel testamento il manager rivolgendosi anche alla nuora — di non darvi alla pazza gioia (sono sempre il solito). Sarete una famiglia felice se vi comporterete come ora in normalità».
La normalità di chi dovrebbe far finta di non sapere, per esempio, come sono finiti più di 11 milioni di euro in Svizzera, poi scudati nel 2012. Berneschi non era uno sprovveduto, il low profile patrimoniale era la sua maschera: anche oggi due delle sue auto (Mercedes Ml e la piccola Hyundai Atos) hanno più di 12 anni; la terza è una Mini. Con una pensione da 200mila euro dell’Inps più i 300mila annui del fondo integrativo della banca e un reddito complessivo dichiarato di 1,5 milioni, potrebbe permettersi molti lussi. Ma ha sempre coltivato l’immagine del banchiere ruspante tutto casa e ufficio che mai avrebbe sottratto un euro alla sua banca. Nel frattempo schermava dietro conti del Centro Fiduciario (controllato da Carige) i depositi svizzeri dove da tempo aveva parcheggiato i soldi in nero, portati da lui stesso oltre confine con le valigie, accompagnato dalla moglie per dar meno nell’occhio. Valori per oltre 11 milioni minuziosamente elencati nel testamento e custoditi nei conti Focoso, Geberon, Ulises.
Ecco, Ulises era il «contenitore» del 9,5% di Ital Brokers. La finanziaria svizzera entrò nella società di brokeraggio fondata e guidata da Franco Lazzarini insieme alla Omerus, riconducibile a Menconi, secondo alcune fonti. Era il 2005 e non se n’era mai saputo nulla. Pochi mesi dopo, nel 2006, uscirono dal capitale. Un blitz che potrebbe aver generato, anche qui, plusvalenze svizzere. In quel periodo anche le assicurazioni Carige avevano una quota complessiva del 10%. Il conflitto di interessi è palese: i due principali manager del gruppo bancario assicurativo hanno investito, in modo occulto, là dove anche anche Carige aveva investito. E i vertici di Ital Brokers ne erano con ogni probabilità al corrente.

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