Carige, Mittel, Bsi, la primavera di Bonomi

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Primavera d’affari per Andrea Bonomi.  I dossier sul tavolo di Investindustrial,  il fondo di private equity da 3,1 miliardi di asset in gestione, si sono moltiplicati in questi ultimi mesi dopo l’uscita da Bpm e la recentissima vendita di Avincis per 2 miliardi di euro (di cui 1 finito direttamente nelle casse della sua società). Investindustrial è piena di liquidità  e pronta a fare affari. L’impressione è che a maggio o al massimo a giugno qualche mossa andrà a buon fine. Carige, Bsi e Mittel sono i dossier conosciuti, ma non è escluso che la prossima zampata avvenga magari in altri settori: tra questi, i più interessanti per Bonomi sono il fashion, la cosmetica e la metalmeccanica. C’è intanto il dossier Carige, la banca che ha presentato un rosso nel bilancio 2013 di 1,3 miliardi e che ha urgente bisogno  di 800 milioni di ricapitalizzazione.  Si sa che il peso della fondazione nell’azionariato  è destinato a scendere drasticamente  perché l’ente non sottoscriverà  l’aumento di capitale. Il dossier, nonostante  le iniziali smentite, è stato aperto  da Bonomi fin dalla fine dello scorso anno ma soltanto adesso – dopo la presentazione  dei conti del 2013 e del piano industriale – ha cominciato a essere valutato  in tutte le sue implicazioni. Le voci danno il possibile ingresso di Bonomi in accordo con la Fondazione. Il patron di Investindustrial non vuole infatti che si ripeta il copione già visto con Bpm, quando dovette scontrarsi con le resistenze al cambiamento da parte dei soci-dipendenti. Tanto da dover poi abbandonare  il campo (l’ultima quota del 2% è stata ceduta a gennaio scorso), forse senza il guadagno che si sarebbe atteso  ma uscendo comunque da un’operazione  complessa senza alcuna minusvalenza ma anzi con qualche decina di milioni  di plusvalenza. Con il senno di poi, vedendo che anche il progetto soft di Piero  Giarda di cambiare lo statuto si è infranto  sullo scoglio dei soci-dipendenti, l’uscita di Bonomi è sembrata la presa d’atto dell’impossibilità di un cambiamento  e non una sconfitta. Carige per fortuna non è una popolare,  e questo renderebbe più facile portare  avanti il progetto industriale necessario  al rilancio. Progetto “industriale” perché Bonomi – anche se in quest’ultimo periodo sembra più attratto dal mondo finanziario (vedi anche i dossier su Bsi e Mittel dopo quello su Bpm) – interviene sempre per realizzare un progetto e mai per detenere una mera partecipazione. A nessuno sfugge che la presenza di Piero Montani, ex ad di Bpm e ora di Carige, potrebbe agevolare questo deal, sempre che la Fondazione non frapponga ostacoli. Degli altri due altri due dossier noti, uno è vecchio e uno recentissimo. Quello vecchio è la Bsi di Generali. Qui i mancati  passi avanti dipendono più dal gruppo di Trieste che da Bonomi. La compagnia  guidata da Mario Greco deve ancora  definire la valutazione di questo asset, e deve decidere se venderlo tutto o soltanto  in parte. Il dossier più recente è invece quello aperto con Giovanni Bazoli per l’acquisizione  di Mittel. Dopo le dimissioni di Arnaldo Borghesi da amministratore delegato, la holding di partecipazioni è rimasta  senza guida. Mentre sembra che Romain  Zaleski, che possiede la singola quota più grande con il 15 per cento, sia intenzionato a vendere. Bonomi ha però chiesto a Bazoli se l’ingresso di Investindustrial, che aspira in realtà a diventare l’azionista di riferimento  della finanziaria,  può essere visto con favore. Bazoli per il momento ha preso tempo. A maggio la situazione dovrebbe chiarirsi definitivamente. Dentro Mittel ci sono numerose partecipazioni industriali rilevanti o di controllo, che Bonomi può trovare interessanti,  tra cui spiccano quelle in Sorin  e in Fashion District (gestisce  tre outlet a Valmontone,  Mantova e Molfetta), più altre di minoranza in diversi settori: dall’abbigliamento  di marca (Moncler) alla nautica (Azimut Benetti).  Ci sono poi numerose partecipazioni  in fondi di  private equity presenti in diverse   imprese industriali. Proprio fashion, cosmetica e metalmeccanica  (che adesso, con un po’ di ripresa,  tira molto) sono i settori industriali tra cui Bonomi cerca altre prede. I soldi li ha: con un portafoglio di 3,1 miliardi di euro e molta liquidità da usare, quel che manca sono soltanto i giusti target da individuare. Dove Investindustrial possa intervenire con una gestione che dia la sterzata finché non sarà possibile rivendere ad altri. Ha fatto così con Ducati, ristrutturata  e ceduta ai tedeschi dell’Audi, e con Avincis, leader nella fornitura di elicotteri  e di aeroplani per servizi di emergenza, acquistata a marzo dagli inglesi di Babcock. Sarà così, prima o poi, con l’Aston  Martin. Ma non c’è fretta: le ristrutturazioni hanno un orizzonte temporale di anni, l’importante è che alla fine il rendimento  sia soddisfacente. Bonomi raccoglie soldi soprattutto negli Stati Uniti e da quando esiste, cioè da oltre vent’anni, dà ai propri investitori  rendimenti annui del 20 per cento circa, secondo quanto lui stesso ha dichiarato. Ora che sulle imprese italiane è tornato  l’interesse degli stranieri, non sarà difficile trovare altri soldi per altre prede. E questa primavera sembra una buona stagione per la caccia.

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