Chiarimenti in merito allo svolgimento da parte dei mediatori creditizi dell’attività di consulenza e di “co-mediazione”.

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Le disposizioni introdotte con il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, hanno innovato in misura rilevante la figura del Mediatore creditizio.
Tale fattispecie è stata delineata sul solco della generale nozione di mediatore disciplinata dal codice civile del 1942. Infatti, ai sensi dell’art. 1754, del codice civile, “è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Come si evince anche dalla formulazione letterale del comma 1, dell’art. 128-sexies del TUB, l’elemento che caratterizza l’attività esercitata dal mediatore è la c.d. “messa in relazione” delle parti che, per quanto concerne il Mediatore creditizio, sussiste ogni volta che il medesimo procuri o favorisca la stipula di un contatto tra soggetti che assumono la qualità di parti del rapporto di finanziamento.
In merito, è stato sottolineato come l’attività svolta dal mediatore apporti per sua natura un contributo causale rispetto alla conclusione dell’affare (cfr. su tutte Cassazione, 11 aprile 2003, n. 5762; Cassazione, 17 maggio 2002, n. 7253).
Il Mediatore creditizio si adopera, infatti, per mettere in contatto il potenziale cliente con le banche o gli intermediari finanziari al fine di addivenire alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma alle migliori condizioni possibili nel rispetto delle specifiche esigenze del cliente.

Sotto tale profilo risulta indispensabile che il Mediatore non sia legato alle parti che mette in contatto da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza, potendo così proporre al cliente i prodotti più rispondenti alle sue esigenze.
E’ conseguentemente molto ampia la gamma di comportamenti che in concreto possono
integrare l’attività di messa in relazione, dovendosi tenere in considerazione qualunque atto del Mediatore che, a tali fini, costituisca condicio sine qua non per il compimento dell’affare.
Tale ultimo principio trova applicazione anche per l’attività del Mediatore del credito con la precisazione che la mediazione può realizzarsi “anche attraverso attività di consulenza”.
Con tale sottolineatura il Legislatore ha inteso chiarire che l’attività di consulenza,
finalizzata alla messa in relazione di banche o intermediari finanziari con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, integra attività di mediazione creditizia, come tale soggetta a tutti i vincoli di legge.
Così delineato il vigente quadro normativo, lo scrivente Organismo ritiene necessario fornire agli operatori taluni indirizzi e chiarimenti in ordine all’attività di “consulenza” svolta dai soggetti iscritti nell’elenco dei Mediatori creditizi o da loro operatori, anche al fine di prevenire la diffusione di prassi anomale nel mercato del credito o elusive di obblighi di legge.
Anche in virtù dei principi sopra evidenziati, va, infatti, ricordato come non possono essere esercitate da soggetti che non siano iscritti nell’Elenco ex art. 128-sexies, comma 2, del TUB, tutte le attività di “consulenza” – quali, a titolo esemplificativo, quella di individuazione e disamina del fabbisogno finanziario del cliente, la traduzione delle sue esigenze finanziarie nella forma di finanziamento più adeguata, la descrizione e valutazione delle caratteristiche dei prodotti offerti sul mercato et similia – qualora possano avere quale effetto la messa in contatto dell’utente con l’intermediario erogante e la successiva conclusione del contratto di finanziamento.
Infatti, unicamente un’attività di consulenza che rimanga del tutto svincolata dalla possibile conclusione di un contratto di finanziamento – ipotesi assai difficilmente configurabile in concreto, se non addirittura scolastica – può essere esercitata da soggetti non iscritti nell’Elenco.
Resta inteso che la sopraccitata attività, facendo parte essa stessa della mediazione
creditizia, deve essere esercitata nel rispetto di tutti gli obblighi di legge (non ultimi quelli in materia di trasparenza dei servizi e prodotti bancari e finanziari come disciplinati dal Titolo VI del TUB, prevenzione del riciclaggio e del terrorismo internazionale – D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231- prevenzione dell’usura, ecc.).

L’Organismo ritiene di dover fornire inoltre chiarimenti in ordine alla prassi operativa riscontrata nell’attività delle reti distributive attinente le forme di cooperazione commerciale tra mediatori creditizi iscritti nell’elenco ex art. 128-sexies del TUB.
Tali attività possono concretizzarsi nel coinvolgimento congiunto di (non più di) due mediatori creditizi nell’attività di messa in contatto al fine di addivenire alla concessione del finanziamento ovvero nella c.d. attività di segnalazione.
Va rilevato sul punto che tali modalità operative possono ritenersi ammissibili unicamente a condizione che:
– non comportino alcun aggravio di oneri provvisionali a carico delle parti;
– ne sia data adeguata informativa all’intermediario erogante;
– i due soggetti iscritti assicurino – anche attraverso la preventiva formalizzazione di un apposito accordo – la corretta attribuzione degli adempimenti che le disposizioni vigenti prevedono a carico degli intermediari del credito (con particolare riferimento ai già citati obblighi in materia di trasparenza dei servizi e prodotti bancari e finanziari – Titolo VI del TUB, prevenzione del riciclaggio e del terrorismo internazionale – D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 – prevenzione dell’usura, ecc.).
Resta inteso che al cliente deve essere data adeguata informativa sull’identità ed il ruolo rivestito dagli intermediari del credito interessati anche in ossequio alle vigenti disposizioni in materia di trasparenza dei servizi e prodotti bancari e finanziari.

 

 

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