Conseguenze del referendum sui mercati finanziari
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Referendum costituzionale: il 4 dicembre 2016 tutti i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il proprio voto sulla modifica costituzionale proposta dal Governo Renzi, chiamata anche riforma “Renzi-Boschi”.

Perché la riforma richiede un passaggio referendario? Perché il testo è stato approvato in seconda votazione con una maggioranza inferiore ai due terzi da ciascuna Camera. Quindi per approvare definitivamente le modifiche è necessaria l’approvazione popolare. Lo stabilisce la stessa Costituzione. Questo referendum non richiede quorum. Se anche fosse il 5% degli aventi diritti a votare, avrebbe comunque validità.

La modifica più importante della riforma è la proposta di superare il bicameralismo perfetto (o paritario). Proposta che ricorre da trent’anni a questa parte. Secondo alcuni analisti, due camere con identici poteri, rallentano molto l’iter legislativo nel nostro Paese. Ogni singola legge, infatti, deve essere approvata dai due rami del Parlamento nella stessa identica versione. Ad esempio: se il Senato approva una modifica con una virgola, la legge deve tornare alla Camera e essere nuovamente approvata. Questo “palleggio” si chiama “staffetta”.

Le modifiche più importanti alla Carta costituzionale in caso di una vittoria del SÌ sono le seguenti.

Solo la Camera dei Deputati sarà titolare del rapporto di fiducia con il Governo con il potere di indirizzo politico. Il Senato continuerà a svolgere una Le due funzione legislativa, ma il perimetro si restringerà a: leggi costituzionali, leggi elettorali, referendum popolare, trattati dell’Unione europea, minoranze linguistiche e che riguardano i territori. Tutte le altre leggi saranno approvate soltanto dalla Camera dei Deputati.

La nostra Camera Alta al momento conta 315 membri. In caso di vittoria del Sì al referendum costituzionale, il Senato conterà solo 100 membri e il suo scopo primario diventerà rappresentare le istituzioni territoriali. L’elezione non sarà più diretta: i nuovi senatori saranno 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale. I senatori avranno un mandato della stessa durata di quella prevista nel ruolo di rappresentante delle istituzioni territoriali nelle quali sono stati eletti. Inoltre non riceveranno alcuna indennità, se non quella riconducibile al ruolo di sindaci e consiglieri regionali.

  • Tetto agli stipendi. Con l’affermazione del sì al referendum costituzionale, i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione e i gruppi regionali non avranno più il finanziamento pubblico.
  • Province. Le province saranno eliminate dalla Costituzione e, di fatto, non esisteranno più come ente amministrativo.
  • Fine alla concorrenza tra Stato-Regioni. La riforma eliminerà le cosiddette “competenze concorrenti”, ogni livello di governo avrà le proprie funzioni legislative. Materie come le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia o la formazione professionale saranno di esclusiva competenza dello Stato. Alle Regioni, oltre alle competenze proprie (come l’organizzazione sanitaria, il turismo o lo sviluppo economico locale), potranno essere delegate altre competenze legislative.
  • CNEL. La riforma propone l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il CNEL è un “organo consultivo”, con la facoltà di promuovere disegni di legge e non è quasi mai stata usata nella sua storia.
  • Referendum. L’attuale Costituzione prevede solo il referendum abrogativo, ovvero la facoltà di cancellare leggi già approvate. Si basa su due parametri: raccolta di 500 mila firme e superamento del quorum per l’approvazione (fissato al 50%+1 degli aventi diritto). La riforma Renzi-Boschi conserva il limite delle 500 mila firme per la proposta di un referendum. Poi va oltre: se ne vengono raccolte 800 mila, il quorum da raggiungere sarà fissato al 50%+1 dei votanti delle elezioni politiche precedenti. Infine, la riforma lascia aperta la possibilità di introdurre referendum propositivi.
  • Corte costituzionale: sarà composta da 15 membri, di cui 3 eletti dalla Camera e 2 dal Senato

L’esito del referendum costituzionale potrebbe avere delle conseguenze sui mercati finanziari e sull’economia reale. Gli analisti credono che le conseguenze di un’affermazione del SÌ possa essere inferiore rispetto a quello che si avrebbe in caso di una vittoria del fronte del NO.

In caso di vittoria del NO sarà l’incertezza politica a pesare sul paese. A risentirne saranno soprattutto le banche. La gestione dei Non Performing Loans e i necessari aumenti di capitale di Banca Monte dei Paschi di Siena e UniCredit potrebbero subire forti ritardi a causa della politica: probabili nuove elezioni, un nuovo governo, ecc. Unicredit ad esempio ha fissato la data per l’annuncio del proprio piano industriale dopo il referendum: il 14 dicembre.

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