Credito al consumo e collegamento funzionale: il revirement apparente della Corte di Cassazione

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Cass., Sez. III, 29 settembre 2014, n. 20477

Ove il contratto di vendita sia risolto per inadempimento del venditore, il consumatore non è tenuto a pagare il finanziamento attivato. E’ contratto di credito collegato quello finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: 1) il finanziatore si avvale del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito; 2) il bene o il servizio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di credito. Ove il contratto di vendita sia risolto per inadempimento del venditore, il consumatore non è tenuto a pagare il finanziamento attivato

Questo l’ultimo pensiero della Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 20477/14, secondo cui il consumatore non è obbligato a restituire il finanziamento ottenuto per l’acquisto di un bene che non gli è mai stato consegnato.

Il percorso logico giuridico svolto dalla Corte individua il nesso teleologico fra il contratto di compravendita e quello di finanziamento sulla scorta di due elementi: (i) la conclusione del contratto di finanziamento da parte del fornitore del bene e; (ii) l’individuazione, nel testo contrattuale, del bene o del servizio.

In questa direzione, le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione rischiano, tuttavia, di essere mal interpretate, soprattutto se non si considera che il collegamento funzionale tra contratti è stato rilevato in un contesto giudiziale in cui, il contratto di finanziamento è stato qualificato come mutuo di scopo legale.

E’ dunque necessario soffermarsi brevemente su alcune considerazioni di carattere sistematico, prima di scendere nel merito della vicenda giudiziale.

In primo luogo, è bene ricordare che le parti possono, nella loro autonomia negoziale,  prevedere liberamente (e validamente), nel regolamento contrattuale, che il mancato adempimento all’obbligo di consegna dei beni da parte del venditore non comporti la risoluzione del contratto di finanziamento, né che questa possa essere in alcun modo considerata causa di nullità dello stesso contratto di finanziamento.

Di conseguenza, è sufficiente spostare l’angolazione della problematica sul primo principio di ermeneutica contrattuale (ossia le espressioni utilizzate dalle parti nel contratto), per ottenere un risultato sostanzialmente diverso.

In questo senso, peraltro, si espressa più volte proprio la Suprema Corte, secondo cui, ai fini della complessiva valutazione delle intenzioni delle parti, di mantenere il contratto di finanziamento indipendente da quello di vendita, “il problema da risolvere è se la volontà manifestata con la clausola deve essere rispettata o se su di essa prevalga il collegamento” (Cfr. Cass. 08.07.2004 n. 12567).

In particolare, prosegue la Suprema Corte, “per stabilire se ricorra un collegamento negoziale, trattandosi di materia in cui è sovrana l’autonomia privata, è necessario rifarsi alla volontà delle parti e ricercare, oltre i singoli schemi negoziali (ognuno perfetto in sè e produttivo dei suoi effetti e, pertanto, almeno in apparenza indipendente), se ricorra un collegamento specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinino per l’adempimento di una funzione unica: se, cioè, al di là di quella singola funzione dei vari negozi, si possa individuare una funzione della fattispecie negoziale considerata nel suo complesso, per cui le vicende, o, addirittura, la disciplina di ciascuno di essi siano variamente legate all’esistenza ed alla sorte dell’altro. Il nesso tra più negozi fa sì che l’esistenza, la validità, l’efficacia, l’esecuzione di uno influisca sulla validità, sull’efficacia e sull’esecuzione dell’altro. Affinché ciò si verifichi, non è sufficiente un nesso occasionale” (Cfr. Cass. 08.07.2004 n. 12567).

Di tal ché, solo le parti, nella loro totale autonomia negoziale, potranno decidere se il mancato adempimento dell’obbligo contrattuale da parte del fornitore del bene finanziato comporti la risoluzione del contratto di finanziamento.

Lo stesso ragionamento ha poi trovato puntuale e definitiva conferma nella prevalente giurisprudenza di merito, che ha sottolineato l’autonomia strutturale dei contratti di finanziamento e di compravendita, per giungere alla conclusione secondo cui le vicende dell’uno non si possono ripercuotere sull’altro.

In questa direzione, è stato affermato che a favore di tali conclusioni depongono proprio le clausole contrattuali che contemplano espressamente l’inopponibilità delle eccezioni relative alla compravendita al mutuante.

E’ pertanto necessario valutare l’esistenza del collegamento attraverso l’esame della volontà delle parti, così come si è estrinsecata nel regolamento negoziale, ponendo particolare attenzione al contenuto delle clausole contrattuali

E ciò, perfettamente in linea con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. II, 18 settembre 2012, n. 15640): Le parti, nell’esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto ovvero in tempi diversi, dar vita a più negozi distinti ed indipendenti ovvero a più negozi tra loro collegati ed accertare l‘esistenza, la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze di un collegamento funzionale tra negozi realizzato dalle parti costituisce apprezzamento del giudice del merito che, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità. In particolare, ove si tratti di una pluralità di negozi connessi, il collegamento deve ritenersi occasionale quando le singole dichiarazioni, strutturalmente e funzionalmente autonome, siano solo causalmente riunite, mantenendo l’individualità propria di ciascun tipo negoziale in cui esse si inquadrano, sicché la loro unione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano. Il collegamento è invece funzionale quando i diversi e distinti negozi, cui le parti danno vita nell’esercizio della loro autonomia negoziale, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale, vengono tuttavia concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca indipendenza (In senso sostanzialmente conforme si veda anche Cass., Sez. III, 12 luglio 2005, n. 14611, in Mass. Giust. civ.).

Ne consegue che, se il punto di osservazione della problematica muove le premesse dalla circostanza che in base alla volontà delle parti i due negozi giuridici non possono considerarsi avvinti da un nesso teleologico, l’indicazione nel contratto degli estremi del bene o l’indicazione del servizio, ovvero della provvista a favore del fornitore, non potranno essere ritenuti elementi sufficienti ad integrare quella manifestazione di volontà oggettivata che consentirebbe di riconoscere un ipotesi di collegamento funzionale.

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