«Più credito per la crescita Ue»

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Jamie Dimon, chairman e chief executive officer di J.P.Morgan Chase avrebbe dovuto essere in visita in diversi Paesi europei in questi giorni, Italia inclusa. Il viaggio è stato cancellato proprio ieri, dopo che gli è stato diagnosticata una forma di cancro curabile, che lui ha comunicato ai dipendenti del gruppo (250mila circa) martedì sera con un messaggio per dire che «sebbene la terapia ridurrà i miei viaggi in questo periodo, sarò in grado di continuare a seguire da vicino e in maniera attiva il business della banca, e la banca andrà avanti normalmente. Noi abbiamo dei leader straordinari nella nostra organizzazione, nelle diverse funzioni e linee di business, e quindi andremo avanti insieme continuando a realizzare risultati di “prima classe” per i nostri clienti, azionisti e per le comunità in cui operiamo». A seguito dell’annuncio, Dimon, 58 anni, ha detto al Sole 24 Ore: «Ero molto contento di questo viaggio in Sud Europa e sono molto dispiaciuto di doverlo rinviare. La vostra regione ha fatto un enorme progresso per ritornare alla stabilità economica. Alla fine della terapia e con la mia guarigione, intendo rifissare i miei appuntamenti in Europa per riaffermare l’impegno di JP Morgan nella crescita economica nel Sud Europa».

Dimon è ottimista sull’Italia e sull’Europa. Loda i leader europei poichè considera «Unione europea ed Eurozona una delle più grandi imprese di tutti i tempi». Per il business globale di JPMorgan l’Europa è più importante dell’Asia ma Dimon esorta a non frenare il credito all’economia.
Gli investitori esteri sono divisi sull’Italia: per alcuni è un Paese nel quale investire, per altri è un Paese dal quale fuggire. Quanto importante è l’Italia per JP Morgan e come valuta il Governo Renzi e il suo programma di riforme per rilanciare la crescita?
JP Morgan è in Italia dal 1929. Sempre, nei momenti buoni e meno buoni, serviamo i nostri clienti italiani in tutto il mondo e la clientela internazionale che vuole fare business in Italia. Lo scorso trimestre avevamo un’esposizione complessiva nei confronti dell’Italia di circa 8,8 miliardi di dollari, un aumento del 24% rispetto al 2013 (7,1 miliardi nel marzo 2013 ndr). Continueremo ad essere presenti in Italia. Non è una questione puramente binaria, “o dentro o fuori”: il nostro business si basa su relazioni costruite nel corso del tempo, ci si adatta, non si scappa. Le riforme che il vostro governo sta introducendo aiuteranno la ripresa dell’Italia, ma c’è ancora molto lavoro da fare per ottenere il giusto equilibrio. L’Italia ha attirato su di sè molto interesse per molti buoni motivi, compreso il fatto che avete imprese di alto standing globale e il governo ne sostiene la crescita.
L’Italia attrae in questo momento forti flussi di capitale dall’estero. E lo stesso può dirsi dell’Europa, da quando la sopravvivenza dell’euro non è più messa in discussione. Ma possiamo competere con la Cina, l’India…
Partiamo dai fatti. La realtà è che l’economia europea è più grande di quella americana. Gli investitori americani in questo momento considerano Europa, Cina e Giappone le aree più importanti, e sarà così ancora per un po’ di tempo. È un errore ritenere che l’Europa sia “mezza morta”. Certamente l’Europa ha una crescita piuttosto lenta, ma questo fa parte del suo ciclo economico. L’euro è fondamentale per JP Morgan: metà del business della nostra investment bank è fuori dagli Stati Uniti, una congrua fetta del nostro business internazionale è in Europa dove abbiamo una presenza significativamente maggiore che in Asia. Ma l’Europa deve essere competitiva, come tutti nel mondo. I governi europei dovrebbero analizzare con attenzione ciò che ha funzionato e ciò che non ha funzionato. Tutti sappiamo cosa accade quando le cose non funzionano, come per esempio i recenti sviluppi in America del Sud. L’Europa deve risolvere i suoi problemi, e in questo non è diversa dagli Stati Uniti: l’Europa deve focalizzarsi su fiscal compact, normativa bancaria e una regolamentazione adeguata per migliorare la crescita.
Il dibattito in Europa si sta spostando dal rigore di bilancio alle misure per la crescita e alle riforme strutturali. Ma il problema irrisolto resta la frammentazione del credito e il credit crunch delle piccole e medie imprese. JP Morgan ha continuato a prestare alle Pmi americane in tempi di crisi: come sciogliere il nodo del credito in Europa?
Il nostro modello di business prevede l’erogazione di finanziamenti prevalentemente alle società multinazionali. Prestiamo denaro alle Pmi solo negli Usa. In Europa le banche europee sono posizionate per finanziare le Pmi a livello locale. Mi sta domandando, cosa farei per incoraggiare questa attività in Europa: se davvero fossi in grado di intervenire, farei più attenzione nell’implementare la regolamentazione per evitare che questo possa avere un impatto negativo sull’economia. Al momento per le banche europee c’è molta incertezza circa le nuove regole aggiuntive che entreranno in vigore. Ricordiamoci che i prestiti alle Pmi sono rischiosi e che le banche europee sono sotto pressione per ridurre la loro leva finanziaria e raccogliere capitale. Questo sta andando avanti da un po’ di tempo. Quindi gli istituti bancari trovano difficoltà a crescere in Europa se le regole cambiano continuamente e se non sanno se gli è permesso correre i rischi legati a questi prestiti. Comprendo bene la difficoltà delle banche europee: per molto tempo hanno utilizzato la leva e hanno finanziato le Pmi a livello locale per sostenere la crescita, un aspetto fondamentale del loro modello di business. Poi l’economia è crollata. Da allora, le banche europee sono state messe sotto una tale pressione per ridurre la leva finanziare e i rischi, ma allo stesso tempo molti dei loro clienti che sono proprio piccole e medie imprese soffrono proprio per questo.
Gli stress test e l’AQR della Bce hanno rallentato l’attività bancaria in Europa nel 2014. E molto viene rinviato al 2015. Questo non aiuta la crescita.
Credo molto negli stress test. Penso che dovrebbero essere chiari, ragionevoli e trasparenti. Non c’è nulla di sbagliato nell’esistenza di regole più severe sui livelli di capitale e liquidità. Infatti, gran parte delle nuove regole nel mondo finanziario sono state essenziali per ripristinare la fiducia nel sistema, e tra queste, anche quelle sull’aumento del capitale e sui nuovi standard di liquidità. Ma l’Europa viene da un sistema con più leva. Negli Usa ci siamo ripresi dalla crisi economica più velocemente, laddove il settore bancario europeo sta attraversando ancora una fase acuta di ristrutturazione… Non mi aspetto di vedere un aumento dei prestiti da parte delle banche europee finchè questo processo non sarà concluso. Il mercato europeo dei bond si sta sviluppando ma è più adatto alle aziende di grandi dimensioni.
La Bce sta colmando in parte questo vuoto con il “funding for lending”, le nuove TLTROs. Questo tipo di intervento non sembra abbia funzionato con la Banca d’Inghilterra e con la Federal Reserve. Funzionerà in Europa?
Quello di cui avete bisogno in Europa è la crescita e a questo proposito siete molto fortunati ad avere Mario Draghi. È un banchiere centrale molto capace. L’Europa è diversa dall’America, gli interventi devono essere diversi. La situazione europea richiede una politica europea. Personalmente nutro molta fiducia in Mario Draghi. Ma la politica monetaria da sola non può risolvere tutti i problemi economici. Servono politiche economiche efficaci per sostenere la crescita e migliorare l’economia, servono politiche fiscali adeguate governance a livello regolamentare adeguato, serve il mercato dei capitali. Occorre tutto questo. Non solo politica monetaria.
E cosa dire della politica monetaria della Federal Reserve? Dopo il QE1, QE2 e QE3, si teme che questa gigantesca iniezione di liquidità sia servita a creare bolle speculative un po’ ovunque, nel settore immobiliare, in Borsa, nel mercato dei bond…
Le gente vede rischi ovunque, vede ombre ovunque. Questo è comprensibile dopo una crisi di tale portata. Gli Stati Uniti sono tornati a crescere, in maniera sostenibile. Gli interventi di QE1, QE2 e QE3 hanno funzionato, i prezzi degli asset sono saliti, i prezzi delle case hanno “svoltato l’angolo”. L’economia americana sta andando bene, e questo è importante per l’economia mondiale nel suo complesso. Il QE messo in atto dalla Fed ha contribuito, è stato uno dei motivi per i quali c’è ripresa negli Usa. Questo è un fatto positivo per l’Europa. Se l’economia americana si fosse contratta, sarebbe molto peggio di tutta questa paura per le bolle create dal QE3. Ritengo che la Federal Reserve sia stata molto responsabile. Hanno già annunciato che elimineranno il QE3 nel corso di quest’anno. Penso che sarà meglio per tutti quando vi sarà una normalizzazione dei tassi d’interesse (rialzo, ndr). Ma i tassi non si normalizzeranno fino a quando la crescita resterà fragile. I tassi sono normali quando riprendono a salire.
Questo è proprio quello che preoccupa di più l’Europa. I tassi Usa torneranno a salire e trascineranno al rialzo anche quelli europei…
Lei dice che gli europei hanno paura. Ma guardiamo alla realtà storica. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i leader europei iniziarono ad invocare l’unità dell’Europa. L’Unione europea ritengo che sia una delle più grandi imprese mai realizzate dall’uomo. Dopo anni di guerre hanno tentato di unire le nazioni con la pace e creando il mercato comune economico europeo hanno accelerato questa unità. Questi due obiettivi erano difficili da centrare, eppure i leaders europei sono riusciti a realizzarli e l’Unione esiste ancor oggi. Vanno lodati per questo risultato. Nel 2010 hanno dovuto affrontare un altro tipo di crisi. E ancora una volta i leader europei sono riusciti a superare queste crisi, a salvaguardare l’Europa. Ora devono completare il processo dell’unione e per far funzionare meglio l’Eurozona, e per far questo hanno bisogno di consolidare l’unità politica e lo sviluppo economico. Abbiamo avuto conferma nel corso di questa crisi che la classe politica e i leader europei sono intenzionati a realizzare il loro progetto. Dunque sono ottimista, positivo sull’Italia e sono ottimista sul futuro dell’Europa. Se guardiamo alla storia, dopo i momenti più bui della nostra storia, il mondo ha reagito e si è poi ripreso. Ma questo non succede dall’oggi al domani o nel giro di poche settimane o mesi. Serve tempo per uscire dalle crisi.

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