Dal 1° gennaio la mediazione è stata estesa anche alle liti catastali

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Secondo, infatti, quanto previsto dal decreto di riforma delcontenzioso tributario (decreto legislativo 156/2015), ferma restando la preclusione del reclamo mediazione a tutti gli atti di valore indeterminabile, saranno invece reclamabili tutti gli atti di classamento.
Questi atti, lo si ricorda, sono quelli emessi dall’Ufficio provinciale Territorio dell’agenzia delle Entrate, che, a seguito di un accertamento catastale, rettifica il classamento di un immobile, rideterminandone il valore della rendita catastale.
Non riportando alcuna pretesa tributaria, dunque, gli avvisi di classamento rappresentano atti dal valore indeterminabile e, come tali, fino al 31 dicembre 2015 dovevano essere impugnati mediante la presentazione, improrogabilmente entro 60 giorni dalla loro notifica, di un ricorso all’Ufficio che lo aveva emesso con successivo deposito, nei 30 giorni successivi, con gli allegati presso la segreteria della Commissione tributaria.
Dal 1° gennaio 2016, invece, tali atti devono essere impugnati mediante la presentazione, anche in questo caso improrogabilmente entro 60 giorni dalla loro notifica, dell’istanza di reclamo mediazione, unitamente agli allegati richiamati nel testo, all’Ufficio che lo ha emesso.
In tal caso si può innanzitutto eccepire, sotto il profilo del diritto, la carenza di motivazione dell’atto di accertamento. Di frequente, infatti, accade che l’Ufficio si limiti a elencare una serie di norme ed espressioni generiche, adattabili a qualsiasi altra situazione, senza riportare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la rettifica.
Sotto il profilo del merito, occorrerà contestare la modalità con cui è stata effettuata la rettifica e, dunque, inficiarne le risultanze anche con l’ausilio di una perizia giurata di stima redatta da un tecnico, quale, per esempio, ingegnere, architetto e geometra.
In ogni caso, le nuove disposizioni non modificano la preclusione dell’accertamento con adesione, anche se sarà possibile, in sede di reclamo, formulare una proposta di mediazione. Pertanto, come accaduto finora, una volta ricevuto l’atto di classamento, prima della sua impugnazione, continua a non essere possibile la presentazione di alcuna istanza di accertamento con adesione, rimanendo invece possibile soltanto la richiesta del riesame dell’atto in autotutela.
La presentazione dell’istanza di autotutela non sospende, però, i termini per l’impugnazione che – a pena di inammissibilità – va fatta entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (ferma restando la sospensione feriale dei termini processuali). Inoltre, trattandosi di controversie di valore indeterminabile, come già accade, il contributo unificato da versare al momento del deposito del ricorso in Ctp sarà pari a 120 euro.
Tuttavia, alcuni dubbi stanno emergendo in merito alla effettiva decorrenza della nuova disposizione: non è, infatti, chiaro se il reclamo è obbligatorio per gli atti di classamento notificati dal 1° gennaio 2016 o anche per quegli atti notificati a decorrere dal 2 novembre 2015 il cui termine di impugnazione è scaduto o sta per scadere dopo il 1° gennaio 2016.
Fermo restando l’auspicio di un tempestivo chiarimento di prassi, l’obbligatorietà del nuovo reclamo dovrebbe valere per gli atti di classamento notificati dal 1° gennaio 2016, anche per non incorrere in rischi di inammissibilità del ricorso per tardiva costituzione in giudizio.
Se, infatti, a gennaio 2016 si impugnasse mediante reclamo un atto di classamento notificato, per esempio, a dicembre 2015 e si depositasse il ricorso in Ctp dopo 90 giorni dalla notifica all’Ufficio, se il giudice ritenesse la lite non reclamabile, il ricorso sarebbe dichiarato inammissibile per non aver effettuato la costituzione in giudizio rispettando il termine di 30 giorni.

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