Domanda di ripetizione dell’indebito
riconoscimento

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Corte d’Appello di Torino, 15 febbraio 2015

Si segnala l’interessante sentenza della Corte d’Appello di Torino del 15 febbraio 2015  che, decidendo in merito alla domanda di un correntista volta alla restituzione di somme “indebitamente versate per interessi ultralegali, per capitalizzazione indebita degli interessi, per commissione di massimo scoperto, per spese non dovute”, oltre ad averne ribadito l’inammissibilità in costanza di rapporto, ha precisato che: a) la domanda di condanna della banca alla rettifica del conto non può essere ricompresa nella domanda di ripetizione; b) è ammissibile l’eccezione di prescrizione della Banca laddove sia individuato l’oggetto della prescrizione e il dies a quo di decorrenza: nel caso in cui la banca non abbia allegato l’esistenza o abbia negato l’esistenza di affidamenti sul conto, tutte le rimesse si intendono solutorie; c) la dimostrazione dell’esistenza dell’apertura di credito  deve essere data con uno specifico contratto scritto ovvero“per facta concludenti”.

In merito alla formulazione della domanda di ripetizione da effettuare nei confronti della banca, la Corte ha precisato che la suddetta domanda non “potrebbe in alcun modo ritenersi compresa in quella di condanna posta la diversità del petitum delle due: l’una, quella di ripetizione di indebito, avente ad oggetto la richiesta di condanna ad un dare, l’altra, quella di condanna alla rettifica del conto, avente ad oggetto la condanna ad un facere, sicchè appare evidente che fra tali due domande di condanna non possa rinvenirsi un rapporto di ricomprensione della seconda nella prima”. Al contrario, anche in costanza di rapporto, è ammissibile la domanda di accertamento del saldo conto ad una certa data perché conseguenza diretta di quella di accertamento della nullità di determinate clausole contrattuali e sorretta da uno specifico interesse ad agire.

Innovativa risulta poi la sentenza della Corte nella parte in cui, nel ribadire che la specificità dell’eccezione di prescrizione attiene più all’ammissibilità della stessa che non alla sua fondatezza, specifica che – al contrario di quanto sostenuto dalla più recente giurisprudenza (ex multis  cfr. Cass. 4518/2014) – qualora la banca non abbia allegato o abbia negato l’esistenza di affidamenti sul conto, tutte le rimesse sono da reputarsi solutorie, con conseguente inesistenza di alcun onere in capo alla banca di individuarle specificamente. Nel caso di specie, ciò che risulta necessario ai fini dell’ammissibilità dell’eccezione in discorso è solo l’individuazione dell’oggetto (tutte le rimesse annotate anteriormente ad una certa data) nonché del dies a quo di decorrenza.

Infine, la Corte ha specificato che, in accordo con i precedenti giurisprudenziali in tema di revocatoria fallimentare, è possibile la dimostrazione dell’apertura di credito per facta concludenti “allorquando tale contratto sia già stato previsto e disciplinato dal contratto di conto corrente stipulato per iscritto. Si ribadisce, tuttavia, come lo scoperto di conto non possa fornire prova di un affidamento di fatto: mentre il primo è un mero atto di tolleranza della banca nei confronti di episodi di scoperto, il secondo ha come presupposto la volontà della banca di fornire una provvista in via continuativa.

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