Enti pubblici al test riciclaggio

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Appalti, sanità, produzione di energie rinnovabili, raccolta e smaltimento dei rifiuti sono le attività che presentano i maggiori rischi di riciclaggio, nonché i settori economici interessati dall’erogazione di fondi pubblici, anche di fonte comunitaria. Sono questi, quindi, gli ambiti che devono essere monitorati con particolare attenzione dagli operatori di enti locali, istituti, scuole, aziende sanitarie e amministrazioni della p.a., secondo il decreto del ministero dell’interno del 25/9/15, ai fini della segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Ciò comporta una sostanziale opera di riorganizzazione degli uffici pubblici che dovranno concretamente attrezzarsi per verificare la sussistenza delle fattispecie previste negli indicatori previsti dal decreto, per scovare il possibile coinvolgimento dell’imprenditore, che entri in contatto con l’amministrazione, in situazioni di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

La collaborazione attiva delle pubbliche amministrazioni. Non più solo i professionisti e gli intermediari finanziari devono preoccuparsi, da un punto di vista operativo, di provvedere alle segnalazioni di operazioni sospette e agli obblighi antiriciclaggio. Con il decreto del 25/9/2015, infatti, anche tutta la pubblica amministrazione deve concretamente attivarsi al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (si veda ItaliaOggi del 9/10/15). In effetti, ricordiamo che gli uffici della pubblica amministrazione rientrano fra i destinatari della normativa antiriciclaggio fin dalla legge 197/1991. Il dlgs 231/2007 conferma tale scelta all’art. 10, comma 2, prevedendo per detti uffici esclusivamente il rispetto degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette. Nonostante il dato normativo, tuttavia, afferma l’Uif nel suo rapporto annuale per il 2014: «Finora la pubblica amministrazione non ha dimostrato di avere, in generale, consapevolezza del proprio ruolo nell’ambito della collaborazione attiva». In proposito, il National Risk Assessment rileva che si tratta di una «vulnerabilità non di poco conto se si pensa alla rilevanza del fenomeno della corruzione ovvero alla presenza di ambiti fortemente appetibili per la criminalità come il settore degli appalti pubblici o dei finanziamenti comunitari». Proprio al fine di sensibilizzare la p.a. sugli obblighi di collaborazione attiva, la Uif, unitamente al ministero dell’interno, ha provveduto a definire gli specifici indicatori di anomalia in commento che, in accordo al principio di proporzionalità e secondo un approccio basato sul rischio, tengono conto dei settori pubblici maggiormente esposti al rischio di riciclaggio. In proposito, gli ambiti di attività più colpiti risultano quelli interessati dalla movimentazione di elevati flussi finanziari, anche di natura pubblica, quali il settore fiscale, gli appalti e i finanziamenti pubblici.

Sul tema, comunque si tiene a precisare che la via intrapresa dall’Italia, non trova corrispondenza con la normativa europea in quanto la Direttiva 2005/60/Ce (c.d. III Direttiva), così come la Direttiva 2015/849 del 20 maggio 2015 (c.d. IV Direttiva), pubblicata in Guue del 5 giugno 2015 e da recepire negli ordinamenti nazionali entro la data del 26 giugno 2017 (si veda ItaliaOggi Sette del 5/10/15), non contengono riferimenti a obblighi di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo a carico della p.a.

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