Fondi strutturali, come evitare uno spreco annunciato

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I fondi strutturali europei possono essere destinati solo al superamento degli squilibri regionali e non ad altri scopi. Per evitare che in Italia vadano sprecati, come spesso accaduto in passato, è necessario costruire programmi operativi con regole nuove. 

UTULIZZO OBBLIGATO PER I FONDI

Il nuovo Governo ha ereditato dal precedente un avanzato stadio di programmazione del nuovo ciclo 2014-2020 di fondi strutturali. È stata infatti completata la fase di cosiddetto “accordo di partenariato” e su di esso sono pervenute le osservazioni da parte della Commissione europea. (1) Una volta recepite queste ultime, le singole amministrazioni, sotto la regia governativa, devono presentare entro qualche mese i programmi operativi. (2)
Poiché procedure e regole relative ai fondi strutturali non sono sostanzialmente cambiate e considerato soprattutto che l’Italia non ha modificato le proprie modalità e capacità programmatorie, valutative e operative c’è da aspettarsi che i fondi disponibili (europei e nazionali) saranno spesi in maniera non efficiente né efficace, esattamente come è avvenuto nei precedenti cicli di programmazione. Un enorme spreco di risorse, quindi.
Da questo punto di vista appare sensata e coerente la proposta avanzata in due diversi articoli da Tito Boeri e da Roberto Perotti, in cui si auspica che i fondi strutturali siano utilizzati per la copertura di misure di politica economica di solido impatto e finalizzate alla crescita, ad esempio per ridurre il cuneo fiscale. (3) Tuttavia, la proposta Boeri-Perotti non è praticabile perché i fondi strutturali hanno obiettivi e finalità predefinite, circoscritte al superamento degli squilibri regionali e alla coesione economica e una volta ripartiti tra i vari paesi non possono essere utilizzati per altri scopi. Probabilmente, se formulata in una fase precedente, la proposta avrebbe consentito all’Italia di contrattare con la Commissione una contestuale rinuncia alla propria quota di fondi strutturali in cambio di una riduzione del contributo italiano al bilancio UE. Ma ora le cose sono andate troppo avanti e non è più possibile perseguire questa strada o una simile.

LE REGOLE DA SEGUIRE

Non resta quindi che un’altra strada da intraprendere. Una volta accolte le osservazioni della Commissione si tratta di costruire programmi operativi con regole nuove e assai più stringenti rispetto al passato. E si intendono qui regole “nazionali” per riqualificare la spesa, senza più riferimento ai regolamenti comunitari. (4)
Quelle principali dovrebbero essere le seguenti:
a) le amministrazioni devono convogliare le risorse su pochissime iniziative che in questi mesi devono essere selezionate e vagliate in base alla loro rilevanza e ai loro effetti economici;
b) occorre che le iniziative siano formulate in termini di veri e propri progetti ben definiti sui quali vengano predisposti appositi studi di fattibilità e, dove possibile, progetti preliminari. (5) Progetti (e studi di fattibilità) devono essere parte costitutiva dei programmi operativi da presentare a Bruxelles.
c) le amministrazioni che non sono in grado di selezionare i progetti e di preparare gli studi di fattibilità devono “rinunciare” al proprio ruolo di autorità di gestione. Saranno sostituite – o commissariate se si preferisce – da un’altra amministrazione o da un insieme di funzionari e di tecnici su nomina governativa.
d) occorre predisporre una “riserva” di progetti che possa subentrare tempestivamente a quelli prescelti nel caso si rivelino non fattibili nei tempi previsti o eccessivamente costosi.
Queste sono le regole minime per non disperdere al vento le risorse destinate allo sviluppo delle aree in ritardo. Naturalmente sono le condizioni necessarie, ma non è detto che siano sufficienti.
Ci si attenderebbe anche la rimozione e la sostituzione di tutta la burocrazia responsabile del fallimento dell’utilizzo dei fondi strutturali negli ultimi quindici anni. Ma poiché questo non è possibile in tempi brevi, sarebbe almeno auspicabile un’attenta selezione del personale nella nuova Agenzia per la coesione, evitando di riversarvi le strutture esistenti nella loro interezza, con gli stessi funzionari e dirigenti che hanno finora gestito le procedure di spesa delle risorse.
La nuova Agenzia non è probabilmente una buona idea. Rischia di ripetere gli insuccessi del passato (Cassa per il Mezzogiorno, Agensud, e così via) e creare una nuova burocrazia all’interno dell’amministrazione centrale. Ma ormai è stata varata e dunque sia almeno l’occasione per selezionare una nuova classe di funzionari con una cultura tecnica adeguata per poter impostare con successo i processi di programmazione e di valutazione necessari per rendere efficace la spesa dei fondi strutturali.
Se così fosse, le amministrazioni potrebbero trarre un effettivo beneficio dal supporto dell’Agenzia anche nel modo di presentare i programmi operativi.
Da un Governo che vuole “cambiare verso” ci si attendono innovazioni significative rispetto alla gestione dei fondi strutturali. Se tutto sarà lasciato immutato, se non si cambieranno le regole (nazionali) e i responsabili dei disastri del passato, si va certamente verso un nuovo fallimento annunciato.

(1) Per semplificare, questa fase può essere assimilata a una sorta di programmazione strategica.
(2) La Commissione potrà formulare osservazioni entro tre mesi dalla data di presentazione del programma operativo e procederà alla sua adozione non oltre sei mesi dalla data di presentazione, a condizione che lo Stato membro abbia tenuto debitamente conto delle osservazioni della Commissione. Di norma quindi i programmi operativi dovrebbero essere adottati al massimo entro la fine del mese di gennaio 2015.
(3) Tito Boeri, “Il governo senza portafoglio” su La Repubblica del 26/2/2014 e Roberto Perotti, “Sacrifichiamo i fondi UE per ridurre il cuneo fiscale” su Il Sole-24Ore del 27/2/2014.
(4) Per far ciò è opportuno richiedere alla Commissione UE un tempo supplementare rispetto a quello predefinito.
(5) In altre parole, non devono limitarsi a essere come al solito semplici elenchi o titoli delle azioni da intraprendere.

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