Il futuro delle infrastrutture finanziarie
La corsa all’adozione delle blockchain è partita seriamente un po’ in tutti i settori

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il recente studio realizzato dal Worls Economic Forum (WEF) in collaborazione con Deloitte e definito dal Wall Street Journal come “uno dei più interessanti tentativi di interpretazione della trasformazione in atto nel mondo dei servizi finanziari e di come la tecnologia può condizionare lo sviluppo delle istituzioni finanziarie, pragmatico e visionario allo stesso tempo”.
Secondo questo rapporto le Distributed Ledger Technology (DLT) alla base del sistema blockchain possono semplificare e migliorare le infrastrutture e i processi legati ai servizi finanziari, a patto che si verifichi ” un’intensa collaborazione fra istituzioni, innovatori, regolatori che devono trovare la capacità di agire insieme per affrontare le complessità che le nuove tecnologie e le idee che comportano stanno facendo sorgere e per fare in modo che l’applicazione dei nuovi servizi avvenga senza ritardi e senza strappi, in favore tanto di chi presta i servizi quanto di chi li riceve”.
Il report descrive anche in dettaglio come le DLT possono trasformare radicalmente nove tipologie diverse di servizi finanziari , uno dei quali riguarda i pagamenti globali (vedi la scheda sotto), spiegando che “non si tratta di una panacea applicabile in ogni caso, ma certamente di una delle tecnologie destinate a rimodellare completamente il panorama dei servizi finanziari nei prossimi anni. Perché la tecnologia DLT applicata alle transazioni riduce o elimina gli interventi manuali minimizzando le possibilità di errore e di contestazioni successive, riduce i rischi di controparte, riduce i tempi di liquidazione e la possibilità di frodi, elimina la necessità di fondi di garanzia e di immobilizzo di capitali liberando una maggior quantità di risorse ”.
Ecco tutti i nove servizi analizzati: Payments: Global Payments; Insurance: P&C Claims Processing; Deposits and Lending: Syndicated Loans + Trade Finance; Capital Raising: Contingent Convertible Bonds; Investment Management: Automated Compliance + Proxy Voting; Market Provisioning: Asset Rehypothecation + Equity Post-Trade.
Il secondo report è intitolato ” L’innovazione radicale nei servizi finanziari: una proposta quadro per l’identità digitale ” e centra uno dei temi chiave nella discussione odierna sull’applicazione delle nuove tecnologie legate ai servizi finanziari, quello del rapporto con i cosiddetti “big data”, le informazioni sulle persone fisiche e sulle aziende che vengono implicitamente fornite nel momento in cui si usufruisce di un servizio finanziario, partendo dai più semplici servizi di pagamento. Ovvero come sia necessario mediare fra l’esigenza di sicurezza nelle transazioni digitali e l’esigenza di salvaguardia della privacy delle controparti : quali e quante informazioni è necessario che la banca o l’intermediario conosca per poter garantire la sicurezza della transazione? Quali e quante di queste informazioni sensibili possono essere utilizzate anche in pratiche commerciali che riguardano il cliente? E, infine, quali e quante di queste informazioni possono o addirittura debbono (come nel caso di informazioni sensibili riguardo alla sicurezza nazionale) essere trasferite a terzi?
Il problema è tutt’altro che campato in aria. Oggi i pagamenti elettronici richiedono la validazione delle informazioni da parte di una società di clearing (come la ACH negli Stati Uniti), il che significa che chi innova nel settore dei pagamenti digitali deve chiedere ai clienti di fornire direttamente informazioni sulla loro identità attraverso canali pseudo-digitali relativamente facili da aggirare (come la fotografia della patente di guida, la digitazione di un codice fiscale, solo in pochi casi più avanzati i dati biometrici) o agire solo nell’ambito di piattaforme gestite (e pagate) dalle istituzioni finanziarie (banche in primis) e basarsi sulle loro anagrafiche del cliente, adottando anche i loro sistemi di identificazione e certificazione che cambiano da istituto a istituto. Non esiste un sistema “neutro” che permetta in ogni caso l’identificazione immediata di una controparte fisica con un’accettabile grado di certezza. E questo può costituire oggi uno dei maggiori limiti allo sviluppo di sistemi di instant payments in tutto il mondo.
Il rapporto analizza in dettaglio come le istituzioni finanziarie dovrebbero gestire le soluzioni che riguardano il tema dell’identità digitale, imposta gli elementi per una discussione quadro sulle soluzioni per definire le identità, formula raccomandazioni per costruire i diversi possibili sistemi di definizione dell’ identità stessa descrivendo quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi delle diverse soluzioni per tutte le parti in causa.
In particolare chiede alle istituzioni finanziarie di guidare lo sviluppo di soluzioni “solide” di definizione dell’identità digitale, che possano portare vantaggi agli utenti, alle istituzioni finanziarie stesse e alla società nello stesso tempo. Alcuni dei passaggi critici delineati nel rapporto riguardano le infrastrutture tecnologiche necessarie per costruire un sistema di identità. Secondo il World Economic Forum “questo rapporto non vuole avere intenti prescrittivi. Abbiamo inteso solo fornire alle parti in causa, fra cui i regolatori, un quadro chiaro degli elementi necessari a gestire la sfida dell’identità elettronica”.
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