Il “genio della finanza” Marco Russo si è arricchito falsificando titoli

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L’ultima frontiera delle stangate, ramo finanza, ha per obiettivo i Medium Term Note (MTN), sofisticati strumenti finanziari negoziati nel circuito Euroclear, la piattaforma interbancaria europea che li ha in custodia. Prodotti ancora poco conosciuti dal grande pubblico, possono essere presi in leasing. Chi li “noleggia” per un periodo di medio termine, pagando interessi del 5,5 per cento, può in seguito presentarli a una banca per ottenere dei finanziamenti. Già, ma c’è chi falsifica questi titoli al computer con un software di grafica, identici a quelli originali, emessi da banche come Royal Bank of Scotland o Deutsche Bank. E li offre a società che ne hanno bisogno per scontarli presso qualche istituto di credito in cambio di sostanziosi anticipi. Ma è un raggiro.

Uno dei broker più attivi in questo campo è Marco Russo, 44 anni, di Castelfiorentino. Si vanta di svolgere attività di consulenza perfino per conto di Paolo Berlusconi. Si atteggia a genio della finanza creativa, con tutti i suoi risvolti professionali: sede prestigiosa da 10 mila euro al mese a Milano, in via Durini 5; casa a Ponte Vecchio, Firenze, vista sull’Arno; Bentley in garage; affari in Russia. Bon vivant, si è sempre circondato da donne avvenenti, come l’ultima, la russa Yulia Shesternikova, ora moglie.

Genio della finanza creativa? Non la pensa così il giudice del Tribunale di Milano Marina Zelante che l’ha condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi, proprio per truffa, una pena pesante per la “gravità del fatto” contestato, la “spregiudicatezza” dell’imputato, i suoi precedenti penali, la “capacità criminale di cui ha dato prova”. Una sentenza resa nota nelle motivazioni soltanto poche settimane fa, dopo un processo durato due anni.

Per il giudice Marco Russo è un “bravo falsario”. Da anni il suo nome rimbalza in un nutrito casellario giudiziale: condanne definitive per truffa, guida in stato di ebbrezza, associazione a delinquere e ricettazione, quest’ultima a 5 anni. Le cronache giudiziarie degli ultimi anni, poi, lo citano perché coinvolto in scandali clamorosi, come Telekom Serbia o Foggia calcio, dai quali, però, è uscito pulito. Non c’è da meravigliarsi allora se il suo film preferito è “Prova a prendermi” (Catch me if you can), con Leonardo Di Caprio nel ruolo di un grande falsario.

Le indagini del passato raccontano anche che il broker fiorentino ha avuto contatti con banchieri collusi, mentre la sua ex-amante e assistente, Prudence Clark, afferma all’Espresso che Russo aveva un codice per accedere alla schermata Euroclear da cui stampava dei certificati MTN in realtà inesistenti. Con i suoi sistemi “fai-da-te” questo falsificatore guadagna cifre elevatissime. Ed ecco il “fatto contestato”. Vittime, i dirigenti della Trenkwalder, multinazionale austriaca da un miliardo di euro di fatturato annuo, specializzata nell’intermediazione di manodopera.

Nell’estate del 2009, di fronte a un problema di liquidità che avrebbe reso difficile ricevere fondi da un istituto di credito, causa eccessiva esposizione bancaria, si rivolgono a Marco Russo e alla sua società inglese Rudolph Wahl Associates. Hanno un importante progetto da realizzare in Turchia nel settore dei rifiuti e hanno fretta di chiudere l’affare per acquisire gli MTN e offrirli in garanzia alla Standard Chartered Bank di Hong Kong. Ecco allora che in ottobre Andreas Polzelbauer, direttore finanziario della Trenkwalder, e Johannes Baumgartner, consulente, sbarcano a Milano, in via Durini 5.

Il segreto di Marco Russo si chiama Corel Draw, un programma canadese grazie al quale può creare documenti apocrifi, perfettamente uguali a quelli genuini della RBS o di altri enti. Ma è facile o difficile? Nessun dubbio per lui che l’ha sostenuto in giudizio: lo sa fare “anche un bambino di cinque anni “. E al giudice, quasi incredulo, ha anche spiegato fino a che punto può arrivare: “Io prendo l’estratto conto della sua banca e lo copio. È molto semplice, mi viene da ridere”. Chiede il magistrato: “E se è in rosso?”. Risposta: “Io metto che diventa verde”.




Qui Marco Russo c’è e non c’è. Guida le trattative miss Clark, all’epoca 44 anni. È una signora di Kingston, Inghilterra, laurea in economia a Londra. Bella donna, s’è innamorata di del broker frequentando un tennis club milanese a San Siro. Ricorda: “Era un uomo molto esuberante, vestiva in modo sgargiante. Però cerca sempre donne che parlino inglese, lingua che non conosce. Era affascinante”. Affascinante, ma anche manesco e pericoloso: “Ben presto mi sono accorta che in quell’ufficio di via Durini non c’era niente da fare. Ero stata assunta perché sono inglese. Marco poi beveva molto. Un giorno, ubriaco, mi ha rotto il naso con un pugno e mi ha schiacciato la mano con un piede rompendomi un dito. Si faceva di cocaina, ha iniziato anche me all’uso della droga. Ne sono venuta fuori a fatica, solo dopo aver frequentato un corso di recupero”. Del resto lo stesso suo ex fidanzato ha confessato, a processo, di essere stato dipendente dalla cocaina per anni.

E’ proprio la Clark a trattare con Polzelbauer e Baumgartner. Alla fine nasce l’accordo: ai due manager gli MTN, valore facciale 200 milioni di euro, in leasing per 12 mesi; alla Rudolph Wahl Associates di Marco Russo 350 mila euro, un anticipo sulla cifra finale concordata, 11 milioni. Poco dopo, il 13 ottobre 2009, Russo spedisce alla società austriaca una copia dell’avviso di deposito dell’MTN da 200 milioni di euro, con questa avvertenza: appena ricevete a Hong Kong lo “swift 542”, cioè il messaggio interbancario che conferma il perfezionamento della transazione, mandatemi il resto dei miei soldi.

Ma lo “swift 542” alla Standard Chartered Bank non arriverà mai: contraffatto lo “swift”, contraffatta la documentazione su Euroclear. Herr Baumgartner sente odore di stangata, chiede chiarimenti a Russo, che, di fronte a minacce di querela, scatta: “Fai che cazzo vuoi, non mi rompere più i coglioni”. Finalmente gli austriaci dicono basta. E si affidano a un consulente antiriciclaggio, Claudio Loiodice. Oggi è sociologo e criminologo ed è specializzato in analisi del rischio e rischio geopolitico ed economico. Ma alle spalle ha anche una solida carriera da poliziotto nel Servizio centrale operativo (Sco), da investigatore per l’Olaf, l’organismo comunitario di repressione delle frodi, e perfino da infiltrato nelle cosche mafiose. Abituato a redigere “due diligence”, ovvero valutazioni sullo stato di salute delle aziende, Loiodice si rende subito conto che gli austriaci sono caduti in un tranello e ai primi del 2010 denuncia alla procura milanese Russo e Clark.

Se ne occupa il pm Eugenio Fusco. Che dispone subito una perquisizione negli uffici di Via Durini. Et voilà, la sorpresa. Agenti della Guardia di Finanza scoprono dei timbri falsi, quelli usati per gli MTN: inizialmente si trovano nella 24 ore di Russo, che, con un cenno, ordina alla compagna di infilarli nella sua borsetta. Lei, presa dal panico, subito dopo li nasconde nel cestino della toilette, dove verranno rinvenuti dalle Fiamme Gialle. Impaurita dalla piega che stanno prendendo gli avvenimenti, arrabbiata perché il suo compagno si rifiutava di coprire le spese legali, dichiara all’Espresso: “Sono stata usata”. Per questo patteggia una pena di 18 mesi ed esce dal suo incubo. L’ex fidanzato invece aspetta il processo. Dove, con l’aiuto dell’avvocato torinese Massimo Munno, Claudio Loiodice si costituisce parte civile, non solo per conto di Trenkwalder, ma anche di un imprenditore australiano, Gary Bradford, che Marco Russo in dibattimento ammette di aver raggirato: “Ricordo che gli ho dato un documento farlocco e mi sono fatto pagare 250 mila euro”. 

Loiodice definisce il broker fiorentino “un truffatore seriale”. Il quale si è difeso così: i clienti sapevano che lui confezionava dei falsi, ma alcuni di loro erano perfino contenti, perché “conveniva a tutti”. E ancora: con gli austriaci “non è stata la prima volta”, in precedenza aveva fabbricato titoli di quel genere 10, forse 15 volte. Alla fine, dopo tutte queste peripezie, proprio come in “Prova a prendermi”, Russo è stato colto in fallo, almeno per ora. Il suo avvocato, Dario Masini, confida nell’assoluzione in appello.

Questo articolo è frutto di un’inchiesta internazionale a cura di IRPI (Investigative Reporting Project Italy), “El Confidencial” di Madrid, “Tages Anzeiger” di Zurigo e “Correctiv” di Berlino

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