I beni dati in pegno non sono di proprietà del creditore
riconoscimento

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Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte, un debitore contestava il precetto notificatogli da parte del creditore, asserendo che quest’ultimo, per soddisfare le proprie ragioni, avrebbe dovuto avvalersi dei titoli costituiti in pegno in suo possesso, soddisfacendosi sul ricavato mediante un mera operazione contabile, anziché procedere in via esecutiva.

I giudici di legittimità, confermando le decisioni di primo e di secondo grado, hanno invece ravvisato nel caso de quo un’ipotesi di pegno regolare, con la conseguenza che l’istituto di credito era tenuto a vendere i beni costituiti in garanzia ovvero a procedere in via esecutiva, previa intimazione di pagamento al debitore, ma non era legittimato a trattenere i titoli a saldo dell’esposizione debitoria.

Il pegno è stato ritenuto regolare alla luce dele seguenti considerazioni:

– i titoli consegnati al creditore a garanzia del rimborso di un mutuo erano individuati;

– per le modalità di attuazione del potere di esecuzione del creditore pignoratizio erano stati richiamati gli artt. 2797 e 2798 c.c., che disciplinano l’esercizio del diritto di prelazione sul bene pignorato;

– il debitore aveva chiesto alla banca di predisporre i conteggi per consentirgli di adempiere all’obbligo di restituzione, incompatibile con la possibilità per il creditore di soddisfare il credito con una mera operazione contabile di deconto del valore dei titoli.

Dunque, stante l’esatta individuazione dei beni e l’esclusione della facoltà per il creditore di disporre dei titoli, il pegno non poteva considerarsi irregolare e, quindi, la banca non era divenuta titolare della somma portata dai titoli medesimi.

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