A marzo l’indice delle retribuzioni contrattuali resta invariato rispetto a febbraio e presenta una crescita dell’1,4% rispetto a marzo 2012. Lo rileva l’Istat, aggiungendo che complessivamente, nel primo trimestre del 2013 gli stipendi sono cresciuti dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2012, meno quindi dell’inflazione che – nonostante il forte rallentamento – a marzo è cresciuta del 2% annuo: vai meglio nel settore privato dove si registra un aumento delle retribuzioni dell’1,8%, mentre per la pubblica amministrazione la variazione è nulla.
Sul fronte normativo, inoltre, a fine marzo, i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica corrispondono al 59,2% degli occupati dipendenti e al 55,7% del monte retributivo osservato: la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo del contratto è del 40,8% nel totale dell’economia e del 23,4% nel settore privato. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è, in media, di 28,8 mesi per l’insieme degli occupati e di 16,2 mesi per quelli del settore privato.
Imprese. Sul fronte congiunturale arrivano anche segnali negativi dalle imprese femminili. Rispetto all’ultimo trimestre del 2012 è calata dal 12,6% al 10,5% la quota di aziende rosa che si è rivolta alle banche per chiedere un finanziamento e nonostante si tratti diuna percentuale inferiore a quella degli imprenditori (12%), aumentano quelle che non ottengono il credito richiesto passate dal 54% al 62% mentre diminuiscono quelle che si sono viste accogliere le domande di finanziamento, dal 23,8% al 17%; in entrambi i casi, si tratta di performance decisamente peggiori rispetto al totale delle Pmi. A rilevarlo è l'”Indagine Congiunturale sulle micro e piccole imprese femminili” nel 1° trimestre 2013 realizzata da Rete Imprese Italia Imprenditoria Femminile.
“Da questa prima indagine – dice Patrizia Di Dio, Presidente di Rete Imprese Italia Imprenditoria Femminile – emerge quello che denunciamo da tempo, ovvero maggiori difficoltà di accesso al credito e condizioni più gravose per le imprese femminili. Ciò tradisce un atteggiamento pregiudizievole da parte del mondo bancario nei confronti delle imprenditrici, peraltro non basato da reali maggiori problematiche delle imprese femminili che anzi si dimostrano più affidabili”.